Da Perugia a Milano La lunga scia del terrore

Arrestato un 38enne italiano: finanziava Ghassene Elhammami, il ’maestro’. fermato a Perugia e che lo aveva portato sulla strada della jihad.

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di Erika Pontini

L’ultimo tassello di una scia del ’terrore’ che da Perugia porta a Milano è l’arresto di un 38enne italiano radicalizzato. Nicola Ferrara, originario di Bari, residente nel capoluogo lombardo. E’ stato bloccato dai carabinieri del Ros per istigazione al terrorismo: in un’intercettazione del 27 marzo avrebbe definito l’emergenza Covid "un dono di Allah, una cosa positiva", tentato di indrottrinare due minorenni ma soprattutto – e qui sta il legame umbro – avrebbe finanziato con tre vaglia, per un totale di 400 euro, Ghassen Hammami, il suo ’cattivo maestro’ che l’havrebbe portato sulla strada della Jihad.

Detenuto nel carcere di Rossano Calabro (Cosenza) Ghassen, il ’Gaston’ della rete era stato arrestato da Digos e polizia postale di Perugia, sempre per istigazione al terrorismo, e condannato a quattro anni di reclusione con il rito abbreviato (e all’espulsione, una volta espiata la pena) dal gip Piercarlo Frabotta perchè esortava alla guerra santa su Facebook ("Resisti, fa il jihad con qualsiasi metodo", scriveva postando una foto con una chiavetta Usb, una pallottola e una penna) e propagandava l’annientamento dei nemici dello Stato islamico come proverebbe l’immagine di un uomo che fischiettando urina sulla tomba di Charlie Hebdo. Centinaia di post, foto, messaggi condivisi spesso con il logo dell’Isis, come "garanzia di autenticità", sottolinea il giudice in sentenza. "Con il chiaro intento di avvicinare all’ideologia" dell’Isis "il maggior numero di persone possibili". L’"istigatore" Hammami – secondo quanto emerge dall’ordinanza cautelare in carcere del gip di Milano – sarebbe in particolare "la persona che ha convertito e radicalizzato" Ferrara, tanto che i due hanno continuato a mantenere un rapporto epistolare mentre Ghassen era in cella e Ferrara era diventato un punto di riferimento nel mondo dei ’convertiti italiani’.

Andando a ritroso tutto nasce nel capoluogo umbro tra il 2015 e il 2016 in questa galassia del terrore che si muove in ingognito nella rete e allaccia contatti pericolosi spostandosi di città in città. La polizia inizia a monitorare Imed Labidi, tunisino, residente stabilmente a Perugia tanto da aver aperto, all’epoca, un negozio di generi alimentari e kebab in via Ulisse Rocchi, pieno centro storico. Gli investigatori partono da lui, già in contatto con un connazionale in odor di radicalizzazione, e tracciano i contatti in rete fino a riuscire a monitorare il gruppo di tunisini di cui fa parte anche Ghassen, ritenuto il leader. Saranno arrestati nell’ambito dell’operazione Da’Wa.

Nel frattempo Labidi scompare, torna in Patria e quando rientra a Perugia si comporta come un fantasma non rinunciando a frequentare "attivisti religiosi locali, noti alle forze dell’ordine – ricostruisce il giudice – per le loro posizioni estremiste presso la moschea di Ellera di Corciano dove predicava un imam di ispirazione salafita". E’ indagato e, nel maggio del 2017, viene bloccato all’aeroporto di Fiumicino mentre tenta di tornare in Italia (e poi nel capoluogo umbro dove risulta residente) e espulso per 15 anni. Ma prima gli investigatori dell’Antiterrorismo avevano tracciato i suoi contatti anche con l’allora imam del centro islamico di via dei Priori, espulso dall’Italia perché "in occasione di un recente sermone tenuto nel centro di preghiera avrebbe divulgato messaggi dal tenore radicale, invocando ‘il taglio della testa per i non credenti". Una lunga catena di contatti avviati a Perugia e arrivati fino a Milano e allo spettro della radicalizzazione di un cittadino italiano.