
di Luca Fiorucci
Sono state le correnti del Pd a determinare le sue dimissioni una volta emerso che era indagata nell’inchiesta sulla presunta gestione pilotata dei concorsi in sanità. Correnti che avrebbero esercitato una pressione tale da portarla a chiudere anticipatamente il suo mandato da presidente della Regione. Correnti dalle quali, al contrario, lei è stata distante, "autonoma e indipendente per formazione e per storia politica". Lo ha spiegato Catiuscia Marini, ex governatrice, accusata di associazione a delinquere nel processo Concorsopoli. Ieri, si è svolto il suo controesame, a partire dalle domande del legale che l’assiste, l’avvocato Nicola Pepe. "Il Marinismo? Non esiste e non è mai esistito. Se avessi avuto una mia corrente le dimissioni non ci sarebbero state. Certo, per essere eletti serve il consenso, ma nessuna corrente". Rispondendo alle domande del difensore, Marini ha ricostruito i rapporti con gli altri imputati con cui condivide l’accusa di associazione: l’ex direttore generale dell’Azienda ospedaliera di Perugia, Emilio Duca, quello amministrativo Maurizio Valorosi, l’assessore regionale alla sanità della sua seconda legislatura, Luca Barberini, l’allora sottosegretario all’Interno, Gianpiero Bocci, che è stato anche segretario del Pd e "concorrente" di Marini alle primarie: "Una dialettica anche accesa, ma sempre sul piano politico. Da presidente, quando Bocci era entrato nel Governo, i rapporti erano quelli istituzionali". Insomma, "a cena o in vacanza no, non ci siamo andati mai insieme". Stesso discorso, ha ricostruito, per gli altri: "Con Barberini i rapporti erano frequenti, del resto l’assessorato alla Sanità è cruciale per la Regione, l’80% del bilancio è destinato alla sanità". Anche per questo, ha ricostruito ancora, ci sono state telefonate aspre con Duca per Umbria Salute. L’azienda è di competenza dei direttori generali, era necessario istituirla e farla diventare centrale unica per gli acquisti come previsto per legge da utilizzare anche per la ricostruzione post terremoto. "I direttori tentennavano per il rinnovo dell’amministratore unico. Il sindaco revisore premeva e mi chiamava ripetutamente. Allora ho chiamato io Duca invitandolo a stringere". Antipatia verso Valorosi? "Nessuna, si era solo creato il problema che molte volte Duca lo delegasse a incontri con gli altri direttori generali delle Aziende. E a due di loro questa cosa non andava molto bene". Si torna in aula oggi.