La ex militare ferita in Afghanistan: "Il nostro sangue è stato versato per niente"

Kabul in mano ai talebani: la rabbia di Cristina Buonacucina, ex soldatessa umbra gravemente ferita nell’attentato del 2010

Cristina Buonacucina ai tempi in cui era in Afghanistan

Cristina Buonacucina ai tempi in cui era in Afghanistan

Foligno, 17 agosto 2021 -"Vent’anni di sangue versato inutilmente, vent’anni di dolore sprecato...non c’è molto da dire, è uno schifo". Cristina Buonacucina, 37 anni, folignate ha visto la morte in faccia quando era una soldatessa in Afghanistan, per questo non addolcisce le parole nel commentare quello che sta accadendo nelle ultime settimane in quel Paese che ha rischiato di diventare la sua tomba. Cristina, che oggi ha lasciato l’Esercito e vive ad Asti dove ha un’associazione di protezione civile che addestra cani per le emergenze, ha sofferto e visto soffrire in quel mese e mezzo passato in Afghanistan, come caporal maggiore del 32° Reggimento del genio guastatori di Torino. Il 17 maggio del 2010 era a bordo di un “Lince’’, con i suoi compagni, quando un ordigno li scagliò in aria.

Due soldati morirono in quel massacro, lei ricorda distintamente di aver pensato, mentre il dolore la lacerava, che era tutto finito: fortunatamente si salvò. Ma le cicatrici sono rimaste nel corpo e nell’anima. E ora che l’Afghanistan è di nuovo in mano ai talebani, che domenica scorsa hanno riconquistato anche Kabul, il tempo fa un balzo indietro, torna tutto come tra il 1996 e il 2001, quando il regime fu rovesciato dall’intervento militare americano seguito agli attentati terroristici dell’11 settembre 2001 a New York e Washington. Oggi siamo in pieno ritorno al passato. Anche per le donne, che in un attimo tornano prive di ogni accenno di libertà conquistato, che non potranno più andare a scuola o lavorare.

Cristina, che sentimenti prova in questo momento, vedendo quello che sta accadendo in Afghanistan? "Tanta rabbia, quello che sta accadendo è incommentabile...abbiamo tutti sentito quello che è successo, è un pugno nello stomaco. Un insulto per tutti i sacrifici fatti, il sangue versato da tanta gente, i tanti morti. Trovare parole è difficile e inutile, quello che sta succedendo è sotto gli occhi di tutti".

Cosa se ne sarà ora delle donne afghane, delle timide conquiste ottenute? "Accadrà che quelle povere donne che hanno già tanto sofferto ripasseranno l’inferno che hanno già vissuto e rischia di essere peggio per le loro figlie, che si troveranno a crescere in un contesto che nega ogni diritto alle donne, che non potranno avere alcuna prospettiva di studiare o lavorare"

E il burqa resterà un imperativo... "Il burqa in realtà non l’hanno mai davvero abbandonato. Nei villaggi delle campagne le bambine hanno continuato a non mandarle a scuole e hanno sempre continuato a indossare il burqa perchè i cambiamenti sono lenti. Segnali di evoluzione erano cominciati nelle grandi città ed erano importanti perchè poi a poco a poco si sarebbero potuti estendere. Era nelle grandi città che le donne avevano cominciato a muovere i primi passi di un cammino di emancipazione ma adesso si è fermato di nuovo tutto. Niente più scuola, niente più lavoro, neppure la più piccola libertà. E fa davvero rabbia, soprattutto a chi, come me, in quella terra ci è stata e ha rischiato di morirci per aiutare la popolazione e il cambiamento".

Come sarà la vita in Afghanistan d’ora in poi? "E’ andato tutto in malora... tutto quello che abbiamo tentato di fare. La vita in Afghanistan tornerà com’era prima, le donne torneranno ad essere solo una proprietà senza diritti, senza neppure un volto. Si torna indietro. Rischiare la vita, morire, non è servito a niente. E ho paura che da questo momento in poi sarà anche peggio di prima, perchè a tutto quello che già c’era si aggiungeranno le rappresaglie e le vendette contro tutti coloro che hanno collaborato con gli occidentali. Tutte le parole negative che possono venirci in testa non sono abbastanza per commentare tutto questo".