Accessi abusivi alle banche dati. Condanna della Corte dei Conti

L’agente dovrà pagare 1500 euro (la Procura chiedeva 30mila). Le informazioni all’amico investigatore privato

Accessi abusivi alle banche dati. Condanna della Corte dei Conti

Accessi abusivi alle banche dati. Condanna della Corte dei Conti

Scambio di informazioni per portare avanti attività investigativa, oppure solo un modo per aiutare l’amico investigatore privato? È finita anche davanti alla Corte dei Conti (sezione giurisdizionale presiduta da Piero Carlo Floreani) la vicenda dell’agente della Digos di Perugia condannato a due mesi di sospensione con un procedimento disciplinare interno e che, davanti al Tribunale di Perugia, ha invece patteggiato la pena di un anno di reclusione con sospensione condizionale. E proprio questa sentenza trasmessa all’organo di giustizia contabile ha portato all’apertura di un nuovo procedimento per quei fatti risalenti al 2018, quando venne contestato all’Ispettore Superiore residente a Magione di aver effettuato più di 4500 accessi illegittimi al Sistema di indagine informatico (S.D.I.) e alle banche dati istituzionali in uso alle Forze di polizia. Un numero impressionante che si è però drasticamente ridotto in sede processuale a sole 19 operazioni di acquisizione e di divulgazione di dati riservati poi consegnati ad un suo conoscente che lavora come investigatore privato.

La Procura contabile aveva quantificato il danno erariale in oltre 30 mila euro, ma il giudice ha invece stabilito che il danno è soltanto quello derivato da indebita percezione di retribuzioni per le ore di lavoro passate a compiere quegli accessi contestati come illeciti ed è quantificabile forfettariamente in 1500 euro più le spese. L’agente assistito dall’avvocato Marco Brusco si è difeso sostenendo che quella ventina di accessi residuali rispetto alla contestazione iniziale sarebbero stati riferiti ad attività d’ufficio per la cui attestazione e che sarebbe stata omessa la trascrizione della motivazione per via del carattere urgente di quelle attività d’ufficio. Inoltre il poliziotto ha invocato la sua "condotta nel servizio da lui prestato, tanto che anche in seno al procedimento disciplinare si è dato atto del fatto che è possibile constatare che, sulla base delle risultanze agli atti, la condotta dell’ispettore superiore oggetto dell’istruttore disciplinare costituisce un caso isolato nell’ambito di un percorso professionale ineccepibile".

La difesa ha contestato sia l’insussistenza del danno da disservizio sia del danno di immagine. All’udienza del 6 dicembre scorso la Procura regionale ha insistito nelle richieste ma il giudice accolto parzialmente la domanda dell’imputato condannandolo ad un pagamento decisamente inferiore.