
Giorgio Azzini
Pistoia, 30 dicembre 2020 - Addio al dottore arancione. È scomparso all’Ospedale San Jacopo, a 87 anni, un grande tifoso della Pistoiese e nostro fedele lettore: il dottor Giorgio Azzini. I postumi di una brutta polmonite, accusata lo scorso febbraio, non gli hanno dato scampo. Lascia 3 figli, Andrea, Alessandro e Massimo, 2 nipoti, Davide e Beatrice e la nuora Roberta. La moglie Fiorenza l’aveva preceduto, qualche anno fa. La vita scorre più veloce dei pensieri, figurarsi degli scritti. Ecco allora che una delle persone care rammentate nella mia “Pistoiese” (un libriccino scritto con Alberto Bigagli, di prossima uscita), è stata rapita dalla Nera Signora in uno dei giorni più pregiati dell’anno, se non il Giorno dell’Anno, almeno per chi crede nella Chiesa cattolica apostolica romana: il 25 dicembre, la natività di Nostro Signore Gesù Cristo. Quel nome vergato en passant in quelle paginette va abbinato al cognome Azzini: uno stimato medico di famiglia.
Un professionista dal cuore d’oro. Per anni, Giorgio Azzini ha aiutato la gentile consorte nel prendersi cura dei 3 figli e di un quarto, rompiballe, compagno di classe di uno dei tre: c’est moi. Il sabato e la domenica pomeriggio, giorni tremendi in cui un povero cristo desidererebbe ritemprarsi altro che scorrazzare con quattro pargoletti a fianco. Il sabato cinema, dai film d’azione (Rambo) ai simil polizieschi-commedia (Delitto al ristorante cinese con Tomas Milian e Bombolo); la domenica la partita di pallone, una settimana dedicata alla squadra cittadina, la Pistoiese di cui era innamorato, la successiva a Firenze (o in altre italiche mete) per ammirare l’avversario di turno della Viola (e, pardon, la Fiorentina stessa).
Ma non solo. Sapendo della mia “malattia”, che era poi la sua, il gioco del pallone, scambiava quarti d’ora, forse più, d’impressioni e sensazioni sulla formazione arancione e il massimo campionato di calcio. Adoravo quei momenti, credo che l’avesse capito e mi desse soddisfazione per questo: la sua domanda, le mie risposte da bimbo loquace, con lui, impressionante, che non smarriva mai l’attenzione. Una volta divenuto giornalista, stesso rito medesima considerazione dell’interlocutore, come se fossi Gianni Brera o Antonio Ghirelli, rispettivamente i numeri uno delle scuole calcistiche filosofiche tatticistiche e dal volto umano, presenti in casa e non nello studio della Domenica Sportiva.
Un uomo buono e gentile, capace di parlare all’adulto e al piccino con gli stessi concentrazione, rispetto e apprezzamento. Un sostenitore della Pistoiese di quelli vecchio stampo, da guancialino, da stadio: e guai, negli anni più recenti, se ad ogni intervallo della gara non ci fossimo visti nelle vicinanze del bar per far conoscere il reciproco commento. “Dottore non ci siamo…”. “Eh, c’è poco gioco, ma tutta la ripresa per cambiare le sorti dell’incontro”. Caro dottore, stavolta sono solo a parlare, a scrivere: le ho voluto bene (anche se non c’è più molto tempo o forse sì, lassù in Alto, quando ci ritroveremo a bordo campo, attaccati alla rete, ad ammirare le evoluzioni di Rognoni e Frustalupi).
Gianluca Barni