Gyasi e Verde, grandi eroi della salvezza

Entrambi svariano sulle fasce, pur non disdegando altri ruoli: uno è la regolarità fatta persona, l’altro il genio partenopeo applicato al calcio

Migration

di Mirco Giorgi

Uno è la regolarità fatta persona, l’altro il genio partenopeo applicato al calcio. Entrambi svariano sulle fasce, pur non disdegnando altri ruoli, con il più regolare che praticamente ha giocato in tutti tranne che in porta, cosa da non escludere a priori. Stiamo parlando del metodico Gyasi e del geniale Verde, i due super esterni che sono stati decisivi per la salvezza dello Spezia. Per capire l’andazzo bastano sette minuti all’esordio a Cagliari: assist di Verde, gol di Gyasi, centravanti nell’occasione, uno degli otto ruoli ricoperti in stagione. Gyasi è uno di casa, quattro stagioni indimenticabili dove ha fatto di tutto entrando nella storia per il gol promozione a Frosinone. Uno che in cinque partite consecutive ha giocato in cinque ruoli diversi, caso più unico che raro nel calcio mondiale: terzino sinistro con la Salernitana, ala sinistra a Genova con la Samp, centrocampista di sinistra con il Genoa, dietro la punta a Firenze e ala destra con il Torino, ruolo nel quale si è un minimo stabilizzato segnando il gol della vittoria a San Siro contro il Milan all’ultimo tuffo, dopo aver fatto duecento volte tutto il campo per contrastare Theo Hernandez e all’occorrenza anche Leao. E poi di nuovo a sinistra, a destra, spesso centravanti. Uno come lui non si contesta mai, si sostiene a prescindere perché è sempre l’ultimo ad arrendersi. Come col Venezia al 96’, quando si avventa come una iena su un pallone dal peso specifico immenso. O come ad Udine, quando è l’unico a credere alla caparbietà di Ferrer, venendo ripagato con l’assist del 2-1. 36 presenze, assente solo due volte per squalifica, compresa la passerella di domenica che avrebbe meritato di giocare più di tutti in una stagione contrassegnata da una costanza di rendimento impressionante, dove tra centinaia di rincorse e chiusure difensive spesso determinanti al pari di molte volate offensive, ha fatto anche 6 gol, 5 dei quali decisivi, tutti tranne quello alla Juventus in casa in una partita dalle mille recriminazioni.

Verde non ha avuto un andamento stagionale così regolare, un po’ per un rendimento a volte altalenante, un po’ perché messo un po’ troppo in discussione da Thiago Motta. A tutti i custodi del Sacro Graal dell’equilibrio tattico, che solo in Italia poteva fare vittime illustri come Gianni Rivera o Roberto Baggio, in tutta sincerità chiediamo: quanti giocatori italiani oggi hanno il suo talento? Forse ha proprio il difetto di essere italiano, perché limitandoci a questa stagione contiamo otto gol e sei assist, quattordici gemme una più bella dell’altra, tantissime per un esterno di una squadra che ha giocato per salvarsi. Senza Verde (o Verdao?) non ci sarebbe stato il magico gennaio spezzino quando, a furor di popolo finalmente titolare, ha aperto il campo a Bastoni per il gol vittoria a Marassi contro il Genoa, ha messo Agudelo in porta nell’occasione dell’1-1 a Milano, ha segnato il gol della vittoria contro la Sampdoria e il pesantissimo rigore del 2-2 a Salerno in uno stadio furente. Sue anche le ultime giocate dell’anno a Udine, il gran gol al volo e il fantasmagorico assist per Maggiore, ma come scordare tutte le altre, comprese quelle inutili per il risultato come il gol maradoniano al Sassuolo? Soprattutto per lui, napoletano verace, l’occasione di stupire anche contro il suo Napoli.