
L’indagine congiunta di carabinieri e guardia di finanza si è conclusa ieri con la condanna del titolare di un autolavaggio per caporalato
Alcuni autolavaggi della nostra provincia erano finiti sotto la lente di ingrandimento di finanza e carabinieri, lo scorso anno, per il presunto sfruttamento di lavoratori. Uno di questi, pakistano come il titolare dell’attività che vive a Chianciano, però si era stancato non prendere quanto dovuto, in base al contratto nazionale, senza che venisse rispettato alcun orario. I carabinieri si erano appostati per mesi nei pressi dell’autolavaggio vedendo che le macchine arrivavano la mattina e che si andava avanti così fino a tardi. A rimboccarsi le maniche erano stranieri, nel caso finito davanti al giudice Simone Spina, quattro le parti offese. Tutti pakistani, sebbene uno soltanto, 30 anni, si fosse costituito attraverso l’avvocato Michela Rossi. Sfruttamento del lavoro ed intermediazione illecita l’accusa nei confronti del titolare (assistito dallo studio legale Maresca di Firenze) che in questo periodo è rimasto ai domiciliari. Il giudice ieri l’ha condannato – era incensurato, ha concesso le attenuanti generiche – a 2 anni e 4 mesi, unitamente al pagamento di una provvisionale di 57mila euro all’unica parte civile. Cifra che, in sostanza, era stata calcolata dai militari del Nil per ferie non godute e altre voci non retribuite.
Di più. Il datore di lavoro, secondo l’accusa, avrebbe anche minacciato di morte l’operaio. "Ti farò deportare in Pakistan e poi ti ammazzerò", gli avrebbe detto per evitare che avanzasse pretese previste dal contratto e che si rivolgesse alle forze dell’ordine. Ma l’operaio pakistano era andato ugualmente dalle autorità. Chiesta dal difensore dell’imputato la revoca della misura cautelare dei domiciliari ma il giudice Spina li ha mutati nell’obbligo di firma.
La.Valde.