
Luca Guerranti
Siena, 16 gennaio 2020 - C’è chi ha reclutato la maestra di sostegno in piscina, una giovane istruttutrice impegnata in un corso di nuoto a ragazzi con disabilità. E di lì è scattata la chiamata del preside per assistere la didattica in classe. Dopo anni di precariato e graduatorie interminabili per insegnare, con giovani docenti lasciati in attesa per anni, si scopre che la scuola pubblica rischia di non avere insegnanti a sufficienza. Tante le cattedre scoperte oggi, con appena il 50 per cento di immissioni in ruolo – nel panorama nazionale, da cui il locale non si discosta – e il resto dei posti coperto da supplenze. E il problema sarà ancora maggiore l’anno prossimo. "Nella scuola si va in pensione a settembre, con le domande di pensionamento da farsi entro gennaio dell’anno precedente. Quest’anno sono appena scadute, il 10.
E, con tutte le graduatorie già esaurite, se il Governo non riuscirà a fare nuovi concorsi, per le chiamate in ruolo a settembre non ci saranno nuovi insegnanti da immettere": la panoramica del problema è tracciata da Anna Cassanelli, segretario provinciae Flc Cgil Siena. Una sorta di ‘fuga’ dalla scuola, ma anche dall’insegnamento. Perché se è vero che le uscite, i pensionamenti, non trovano riequilibrio con gli inserimenti, è altrettanto vero che l’insegnamento non ha più appeal, non attrae. Per quanto riguarda la prima pratica, la panoramica nazionale mostra insegnanti in uscita per pensionamento pari a 40mila unità nel 2019. In calo: sarebbero infatti 33mila le domande presentate quest’anno per le uscite a settembre. Nella provincia di Siena, nell’anno da poco concluso, sono stati 105 i pensionamenti nel corpo docente delle scuole, di ogni ordine e grado: 58 i pensionamenti con la legge Fornero (per contributi o età anagrafica) e 47 quelli che hanno usufruito della finestra anticipata di Quota 100. "Il Ministero aveva promesso, già ai tempi della Fedeli, il concorso della scuola nel 2018 – dice Anna Cassanelli –. E anche un concorso straordinario per i precari con almeno tre anni di insegnamento. Invece i bandi non sono mai usciti. Questo vuol dire che, con graduatorie esaurite, i posti liberati dai pensionamenti non saranno riassegnati". Dalla panoramica sulle uscite emerge poi l’altra faccia della medaglia, quella della fuga dall’insegnamento. "La scuola non è ambito lavorativo economicamente appetibile – continua il segretario Flc Cgil –. Si preferisce lavorare nel privato, sia per una migliore retribuzione, che per ambizioni di carriera. Ultimo motivo, perchè fino ad oggi sedersi stabilmente in cattedra era difficilissimo e assai lungo. Così stando le cose, occorre ampliare il bacino dell’insegnamento. Certo senza sminuire la qualità dei suoi professionisti. Penso ad esempio a scienze dell’educazione, laurea triennale che abilita profili di educatrici, dunque personale solo per nidi e materne".
Ed ecco la scuola senza insegnanti di oggi: il primo ciclo, materna e primaria, non ha più maestre e da anni non trova personale di sostegno. Solo il corso di laurea di scienze della formazione primaria infatti abilita all’insegnamento e evidentemente oggi non sforna maestre a sufficienza. In Toscana, fa notare il dirigente scolastico Antonio Vannini, c’è un solo corso a Firenze e l’ottantina di laureati all’anno non bastano a coprire le necessità. Allora ecco i presidi chiamare fuori dalle graduatorie, con le ‘mad’ acronimo che sta per ‘messa a disposizione’: la pratica consente al dirigente di reclutare fuori dalle graduatorie. Reclutamento possibile per i sostegni, grazie a persone senza titolo specifico pur abilitate all’insegnamento; e nelle cattedre ordinarie chiamando ad insegnare anche laureati non iscritti e oggi anche laureandi. Le ‘mad’ sono ampiamente utilizzate dai presidi della scuola secondaria, soprattutto superiore. Per lo più in alcune materie: a partire da matematica, fisica, tutte le scientifiche e tecniche, ma anche nelle lingue. Perché i sempre meno iscritti di queste facoltà (le scientifiche), dopo la laurea preferiscono spendere il titolo di studio in altri ambiti, sdegnando l’insegnamento. Legittima dunque la provocazione di un dirigente scolastico, che fa notare che la scuola, il Ministero, dovrebbe sensibilizzare i giovani all’insegnamento, un’opportunità di lavoro assai reale. Paola Tomassoni © RIPRODUZIONE RISERVATA