Ranza, torture in carcere. Il 16 aprile la vicenda arriva in Corte d’appello: "Valutazione più oggettiva"

Cinque agenti erano stati condannati a marzo per il trattamento riservato ad un detenuto tunisino durante un cambio di cella. L’avvocato Biotti: "Proscioglimento o riqualificazione delle condotte".

Ranza, torture in carcere. Il 16 aprile la vicenda arriva in Corte d’appello: "Valutazione più oggettiva"

Ranza, torture in carcere. Il 16 aprile la vicenda arriva in Corte d’appello: "Valutazione più oggettiva"

di Laura Valdesi

SIENA

Torture a Ranza, è stato fissato in tempi molto rapidi, complici le novità introdotte dalla riforma ’Cartabia’, il processo d’appello per i cinque agenti della penitenziaria del carcere di San Gimignano accusati di aver riservato un trattamento con calci, pugni, minacce e offese ad un detenuto tunisino di 31 anni l’11 ottobre 2018. Una sorta di spedizione punitiva che sarebbe stata avvalorata da un video di 4 minuti e 32 secondi delle telecamere interne. Il 16 aprile prossimo, dunque, davanti alla seconda sezione della Corte di appello di Firenze, si celebrerà il nuovo round di una vicenda molto dibattuta. Le pene decise dal collegio Spina il 9 marzo scorso variavano da 5 anni e 11 mesi a 6 anni e mezzo più il risarcimento del danno non patrimoniale alle parti civili e le relative spese legali. Soprattutto era stato riconosciuto il reato autonomo di tortura, più grave quando a commetterlo è un pubblico ufficiale. Che assorbiva quello di lesioni.

"Affrontiamo con serenità questa celerità nella fissazione dell’udienza. E confidiamo in una valutazione ben diversa da quella fatta dal tribunale di primo grado", commenta a caldo l’avvocato Manfredi Biotti che difende quattro dei 5 imputati. "Siamo sereni nell’affrontare un giudizio che, alla fine, dovrebbe almeno portare ad una riqualificazione delle condotte, se non ad un proscioglimento pieno. Di fronte alla Corte di appello, seconda sezione, confido che si possa ottenere una valutazione dei fatti più oggettiva anche in considerazione delle ultime pronunce emerse che riguardano i casi di Firenze, Biella e Ivrea", aggiunge Biotti. Che nell’ottobre scorso aveva depositato un ricorso corposo, 300 pagine, per controbattere alle motivazioni della sentenza di condanna per cui ne erano servite ai giudici ben 257. "C’è stata tortura oltre ogni ragionevole dubbio", da parte dei 5 agenti della penitenziaria, si leggeva in queste ultime. Fu messa in essere "da parte di una squadra composta da 15 agenti, assistenti ed ispettori del corpo di polizia penitenziaria... una spedizione punitiva", ancora le motivazioni. Nella ricostruzione compiuta dai giudici Spina, Pollini e Cerretelli è stata ritenuta determinante la videoripresa, "fonte di prova decisiva e assolutamente cruciale al fine dei fatti".

"Se quello che viene contestato ai miei assistiti è tortura – aveva dichiarato a caldo l’avvocato Biotti nel settembre scorso, dopo il deposito delle motivazioni – allora vuol dire che tale reato ha bisogno di essere completamente riscritto perché evidentemente, lo strumento a disposizione del giudice è troppo generico per come è formulato".

Non è stato ancora fissato, invece, l’appello per i dieci della penitenziaria che erano stati condannati per lo stesso episodio con rito abbreviato a pene fra 2 anni e 3 mesi e 2 anni e 8 mesi nel 2021