Processo sulle torture a Ranza "Vidi l’impronta di una scarpa sulla fronte: sapevo cosa era"

"Per me è una cosa disumana ciò che hanno fatto ad Ayari", dice il detenuto che l’11 ottobre 2018 si trovava nello stesso settore del carcere di Ranza, nel reparto di massima sicurezza. Era lì quando, come sostiene il pm Valentina Magnini, il carcerato tunisino venne cambiato di cella e picchiato durante il trasferimento. Di qui il reato di torture che viene contestato a cinque della penitenziaria. Sollecitato dalla domande del pubblico ministero e degli avvocati della difesa Manfredi Biotti (per quattro) e Fabio D’Amato per l’altro imputato, non ha negato di aver discusso quel giorno con il detenuto parte civile nel processo. "Lui gridava – ha spiegato –, gli ho detto di smetterla perché sennò vengono e ti picchiano. Infatti è stato così". Descrive, una volta rientrato in aula dopo una sospensione dell’udienza davanti al collegio Spina in quanto non voleva proseguire, le fasi nel corridoio del settore di massima sicurezza dove avvenne l’episodio. "Cadeva, si rialzava. Cadeva, si rialzava. E l’hanno portato via", dice. "Ho visto e anche sentito", aggiunge. Si ribella anche all’avvocato D’Amato quando lo incalza. ’Mi vuole confondere?’, punta il dito. Conclude dicendo di aver visto, alcuni giorni dopo, segni di impronte di scarpe sulla fronte del tunisino. "Inutile fare domande, sapevo già cosa era successo", chiude.

"L’idea dell’esposto non partì da me – spiega quando sale sul banco dei testimoni un altro detenuto a Ranza nell’ottobre 2018 – ma lo firmai". L’unico in 9 anni passati in cella. Si era anche costituito parte civile, poi ha deciso di rinunciare. "Non avevo interesse", spiega. "La situazione nel reparto di isolamento era un po’ pesante", le sue parole. Descrive l’aggressione subita quando "uno mi mise le mani al collo, un altro batteva il pugno sul palmo della mano mostrando un atteggiamento minaccioso". Spaventato tanto da dormire sul materasso in terra per mettere la branda davanti alla porta. Il pm Magnini voleva sentire ieri uno degli agenti condannati per torture dal gup che ha fatto ricorso in appello (non è stato ancora fissato). Ma lui si è avvalso della facoltà di non rendere l’esame. Il processo riprende il 27 gennaio ascoltando la polizia giudiziaria.