REDAZIONE SIENA

Piccinni, cronache dal Medioevo

Una foto una storia Docente, autrice di saggi, giornalista, politica: le tante facce di una professoressa

Questa è una città con personaggi talvolta ’imprendibili’: li vediamo collocati in certe aree politiche e intellettuali e al mattino dopo risultano in altre zone, perché capaci di giravolte in nome della "situazione in divenire", per dirla ironicamente alla Jannacci. E poi ci sono figure come Gabriella Piccinni, che hanno fatto della coerenza un loro invidiabile status quo.

Ridurre il suo percorso intellettuale ad una pur alta carriera scientifica, sarebbe privare la città di una parte di quei movimenti intellettuali che, dagli anni settanta, hanno caratterizzato, e spesso pungolato, la stessa area sinistra di un governo non sempre coerente ai principi a cui si ispirava.

Il ritratto di Augusto Mattioli è recente, ma ci spinge a ricordi giovanili: molti di noi hanno approfondito questo "innamoramento patriottico" di Siena attraverso il fondamentale saggio "Siena nel Trecento, assetto urbano e strutture edilizie", firmato con Duccio Balestracci, che era andare oltre certe immagini da cartolina di una Siena medioevale che immaginavamo e che probabilmente non è mai esistita. I suoi numerosi lavori storici non sono mai stati un mondo a parte, non analizzavano il tempo della ricerca, ma da appassionata di storia sociale offrivano un chiaro contributo alla società odierna, affrontando temi probabilmente mai risolti e che nascevano ai giorni studiati da questa docente, che ha visto crescere una facoltà, quella di Lettere e filosofia, probabilmente anche un po’ a sua immagine e somiglianza.

Ma dicevamo dell’assoluta coerenza, dote rara, che l’ha portata a schierarsi in battaglie di promozione umana, ad interventi talvolta scomodi da qualsiasi parte li guardavamo.

Ma sempre con l’assoluta certezza di offrire un contributo di promozione umana. Non occorre essere specialisti in materia per comprendere che quel medioevo raccontato nel saggio del 2018 sulla "Violenza alle donne. Una prospettiva medievale" per capire che certi periodi storici non sono mai finiti, al massimo si sono trasformati. Il suo giornalismo "di frontiera" non è mai stato una nota di colore, perché si è sempre fatto accompagnare da un rigore e da una serietà che ci fa pensare che il suo impegno politico avrebbe avuto necessità di più spazio nella sua vita.

La domanda è casomai al contrario: la stessa politica si sarebbe meritato una persona che ha saputo condensare storia ed emozioni in un saggio così permeante come quello sul nostro "Buongoverno"?

Massimo Biliorsi