Uccise un uomo con tredici coltellate, libera dopo tre anni

Omicidio a Castelnuovo Scalo, la giovane divenuta maggiorenne ha 'scontato' la pena dopo tre anni in comunità. L’avvocato Betti: "Ha seguito con profitto le prescrizioni indicate dal tribunale e dagli assistenti sociali"

La scoperta dell'omicidio il 4 gennaio 2019

La scoperta dell'omicidio il 4 gennaio 2019

Siena, 2 agosto 2022 - Ha vissuto tre anni in una comunità per minori a Civitanova Marche. Qui sono andati a trovarla i genitori, che non l’hanno mai abbandonata dopo quella terribile sera. Il 4 gennaio 2019 quando la sedicenne, originaria del Senegal, aveva sferrato tredici coltellate all’uomo di 63 anni, un marocchino ex operaio della Laterizi Arbia che condivideva con la famiglia l’appartamento posto all’interno del polo produttivo a Castelnuovo Scalo. Ucciso in maniera efferata, Abdelrrhaim Nagbi, per tutti Abramo. Venne trovato in una pozza di sangue, tracce ovunque. Sui muri e sulla finestra. Sembrava una scena dell’orrore. La ragazzina, che confessò subito, finì in carcere e poi, dal luglio 2019, in una comunità. Il giudice minorile di Firenze, infatti, aveva accolto la richiesta di revoca della misura cautelare e di messa alla prova per la sedicenne accusata di omicidio volontario. Per tre anni, così venne deciso, è rimasta nella comunità che le era stata assegnata. Ed il 23 luglio scorso ha terminato il percorso delineato per lei. Il giorno seguente è subito volata in Francia dove la sua famiglia, nel frattempo, si è trasferita e lavora. Adesso dunque è libera.

"Ha seguito le prescrizioni indicate dal tribunale e dagli assistenti sociali – osserva l’avvocato Alessandro Betti che insieme al collega Paolo Ridolfi si è occupato della vicenda –, l’ha fatto con profitto sia nell’ambito degli studi che dei lavori di pubblica utilità. E’ riuscita a mantenere un costante contatto con la famiglia e terminato come detto il percorso deciderà cosa fare della propria vita. L’iter sociale collegato al procedimento penale ha dimostrato la possibilità di mantenere nella società persone, come nel suo caso, che si sono trovate in situazioni complicate e più grandi di loro". Presto la giovane tornerà comunque in Italia perché a settembre si svolgerà l’udienza davanti al tribunale dei minori che, se valuterà come sembra che il percorso compiuto in questi tre anni ha dato frutti ed è stato rispettato, dichiarerà estinto il reato di omicidio volontario.

Una vicenda che destò grande clamore, quella dell’omicidio nella fornace. Perché Nagbi era molto conosciuto e anche benvoluto nella zona doveva aveva vissuto a lungo. Ma anche per il fatto che la ragazzina aveva dichiarato da subito, davanti al pubblico ministero e poi al giudice dei minori di aver sferrato quella sequenza di coltellate per difendersi da un’aggressione fisica che, a sempre a dire della giovane, avrebbe avuto sfondo sessuale. Una reazione per non lasciarsi sopraffare. Ma sul movente si è era scavato molto. Fermo restando che la coltellata alle spalle riscontrata dall’autopsia lasciava pensare che la ragazza lo avrebbe addirittura inseguito, ferendolo. Una ricostruzione a cui avevano dato un importante contributo gli uomini del Ris con misurazioni laser, valutazioni su spruzzi e gocce di sangue per dare vita alla scena del crimine in 3D.

La sedicenne, che nel frattempo è diventata maggiorenne, ha svolto anche un percorso di recupero di natura terapeutica, oltre che riparatorio. Ha come detto proseguito gli studi e svolto lavoretti presso attività commerciali collegate al turismo, fatto opere sociali in una parrocchia dove si faceva tra l’altro pallavolo. Tre lunghi anni in cui avrà ripensato, chissà quante volte, a quel giorno di gennaio quando rimase sola con Abramo. Alla sua difesa, alla vita di un uomo che si spegneva sotto i suoi colpi.