L’inconcludente politica dei rendering

Pino

Di Blasio

Grandi opere per circa 3 miliardi di euro, investitori come Ligresti, Della Valle e Ferrovie, che avrebbero mutato il volto di Firenze, con firme di archistar come Norman Foster e Zaha Hadid, e progetti che avrebbero teletrasportato la città in Europa. Solo il Teatro del Maggioè uscito da quei rendering ed è diventato realtà, passando per inchieste clamorose sulla cricca dei grandi eventi e avvisi di garanzia che hanno decapitato gli uffici delle opere pubbliche. La tramvia è stata fatta senza passare dal Duomo, la nuova pista dell’aeroporto è impantanata nella palude dei veti pratesi e dell’hinterland fiorentino, del termovalorizzatore sono rimaste solo le bellissime foto di Hera con tanto di alberi che avrebbero coperto la ciminiera. E l’avveniristica stazione Foster, con lungo tunnel di 7 chilometri per far passare l’alta velocità sotto Firenze, a distanza di 15 anni è ancora un vasto cratere nell’area di Belfiore.

Il modello Firenze, considerare realizzate le cose solo perché ci sono progetti fantastici sulla carta, è ancora imperante. E sembra essere alla base anche della ormai celebre multiutility toscana, la holding a maggioranza pubblica che dovrebbe raggruppare Publiacqua, Alia e Consiag, in attesa di Estra. I sindaci di Prato e Firenze, assieme ai manager di Consiag e all’ex ad di Acea, Alberto Irace, erano già pronti allo sbarco in Borsa della nuova società, convinti di ricavare dalla quotazione a Piazza Affari i 280 milioni necessari per liquidare Acea e togliere ai romani le quote di Publiacqua e Acque spa. Solo che Acea non è dello stesso avviso, vuole restare nel business del servizio idrico a Firenze e a Pisa e quindi si oppone ai disegni dei Comuni. La holding non si reggerà se Estra non sarà della partita, visto che è la società che ha un volume di affari sopra gli 800 milioni. E per avere il sì di Estra bisognerà convincere i sindaci della provincia di Prato, di Arezzo e, soprattutto, quelli della provincia di Siena.