I mille senesi nella Marcia su Roma

Oggi a Palazzo Patrizi dibattito sul libro di Mondini. Le delusioni della vittoria la causa delle spedizioni fasciste

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Tra i libri dedicati alla origini del fascismo o alla Marcia su Roma dell’ottobre 1922 spicca la ricerca di Marco Mondini: ’Roma 1922 Il fascismo e la guerra mai finita’ (il Mulino). Il volume sarà presentato oggi pomeriggio nella sala dell’Accademia degli Intronati. Per capire l’incidenza e i caratteri di un avvenimento occorre metterne in luce i prodromi. Il retroterra da cui muovere sono ’le delusioni della vittoria’, che suscitano in Italia rabbia e dissensi. Dopo gli enormi sacrifici il ruolo riservato all’Italia nelle trattative di pace fu sentito come avaro e ostile. E quanti si erano battuti per l’intervento erano presi di mira come se fossero tutti responsabili del magro e doloroso bilancio.

L’avventura dannunziana di Fiume fu la punta dell’iceberg. Piero Calamandrei, a Siena, in un discorso del 29 maggio 1920, non esitò a scandire davanti a un folto pubblico di studenti: "la guerra nella quale abbiamo combattuto e in cui vi siete sacrificati non è finita ancora". Il clima di guerra civile e lo sdoganamento della violenza quale mezzo di lotta politica proseguirono ben oltre il 1918. Il mito della Rivoluzione russa si diffuse ovunque. Le forme della democrazia liberale minate alle fondamenta. Da sparuti manipoli senza rappresentanza parlamentare i Fasci acquistarono una funzione sempre più forte. Eppure le elezioni del 1919 avevano dato i numeri per una maggioranza possibile tra Partito Popolare e Partito socialista. Il Partito fascista proclamò nel novembre 1921: "Ci schiereremo contro lo Stato qualora esso dovesse cadere nelle mani di coloro che minacciano e attentano all’avvenire della Patria". Il progetto ambiguo di una marcia, di agguerrite spedizioni convergenti verso Roma in grado di coprire il vuoto che si era creato, nacque dalla volontà di costruire un nuovo ordine e affascinò tanti giovani intenzionati a spazzar via una classe politica sorda. La cosiddetta Marcia su Roma non va dipinta come una farsesca commedia di ’entusiasti dilettanti’, né come un’azione di per sé risolutiva. Mondini chiarisce le determinanti connivenze con l’apparato militare e la calcolata passività della monarchia.

Mussolini arrivò in treno alle 9 del mattino del 30 ottobre e ricevette subito dal re l’incarico di formare il governo. Le legioni di camicie nere, 30.000 volontari, bloccate all’altezza di Civitavecchia, Monterotondo, Tivoli e dintorni poterono sfilare trionfanti. La legione senese era composta da 1032 membri: 172 di Siena e 860 della provincia. I quadri di comando erano costituiti da possidenti e professionisti. "L’analisi dei partecipanti alla Marcia su Roma – afferma Alessandro Orlandini – proietta un’immagine del movimento squadrista senese non collimante con l’interpretazione storiografica del fascismo come tentativo rivoluzionario di ceti medi: più aderente al vero un fascismo delle origini quale controrivoluzione antiproletaria preventiva".

Roberto Barzanti