
"Guardi la cartella clinica". Marco Signorini, 56 anni, fisioterapista, apre uno zaino da cui escono fascicoli rilegati di referti diagnostici, medicinali da assumere, elenchi di trattamenti. "A causa del Covid sono rimasto intubato per quasi quaranta giorni in Rianimazione, prima alle Scotte, poi a Campostaggia. Sono un sopravvissuto".
Una storia tutta da raccontare da parte del dottor Signorini, originario di Piombino e poggibonsese da due decenni in virtù del suo impegno negli studi Performance, a Salceto. "Non è esagerato affermare che sono passato dalla morte alla vita. È un dato reale. I postumi si avvertono ancora, eppure spero nel meglio. Intanto sono tornato ad accogliere i miei pazienti".
Partiamo da febbraio?
"Sì, dal 22, quando ho iniziato a sentire un gran dolore al collo e un forte senso di spossatezza. La situazione in seguito si è aggravata dal profilo respiratorio. Dal controllo domiciliare dell’Usca è emersa la necessità del trasferimento al Policlinico. Il 12 mi era stata somministrata la prima dose di Pfizer. Sono stato contagiato da mio figlio, infettato a scuola".
I periodi più difficili?
"Dall’attimo in cui l’anestesista mi ha sussurrato ‘non ce la stai facendo, occorre per forza l’intubazione’. In situazioni del genere, non sai se ti risveglierai. Ho subìto la tracheotomia, una trasfusione di sangue, la rimozione di C02 tramite ProLung. Ho avuto la febbre altissima e attraversato una fase, devastante, con la tachicardia".
Chi l’ha aiutata?
"Ho combattuto pensando a mio figlio, a mia moglie Sara, che è medico e che ha diviso il tempo tra la mia situazione, il bambino in quarantena e lei stessa alla prese con il virus. A mio fratello Andrea, che ha sostenuto i nostri anziani genitori. La comunità di Poggibonsi ha mostrato vicinanza, come la gente di Piombino, a cominciare da Claudio Pedroni, un fraterno amico d’infanzia. Alla luce di una simile esperienza, è triste vedere chi tiene ancora una condotta negligente per esempio nell’uso della mascherina".
Da marzo a Campostaggia…
"La dottoressa Federica Marini, primaria di Rianimazione, ha preso a cuore il mio caso. E voglio ringraziare i medici, gli infermieri, gli oss: tutti eccezionali. Come i colleghi fisioterapisti, che mi hanno incoraggiato durante il recupero".
Il 13 aprile le dimissioni.
"Ho firmato e sono uscito dall’ospedale. Non sono un eroe, ho chiesto il parere dei medici. E dai sanitari ho avuto l’assenso. Tra loro il dottor Nicola Lorenzetti, fisiatra e amico". Una volta a casa?
"Ho varcato la soglia e mio figlio, abbracciandomi, ha detto: ‘Babbo, sembri Nosferatu’. Mi ha ritrovato con venti chili in meno! Grazie a Dio, posso raccontare tutto".
Paolo Bartalini