
Di Matteo, convegno blindato ai Rozzi: "La questione mafiosa è diventata nazionale. Cosa Nostra ha cambiato pelle infiltrandosi"
"Continuo a credere che Cosa Nostra sia l’organizzazione mafiosa più potente al mondo. Nessun’altra ha ucciso un numero così elevato di rappresentanti delle istituzioni", sostiene Nino Di Matteo, attuale sostituto antimafia presso la Dna a Roma. E’ stato titolare del processo sulla cosiddetta trattativa Stato-Mafia. E si sente dai contenuti dell’incontro ieri ai ’Rozzi’, cinturato da un cordone di sicurezza, interno ed esterno, che si vede a Siena solo per il Palio. Applaudito a lungo, Di Matteo, dopo un intervento fornisce spunti, presentando il suo libro ’Il Patto sporco e il silenzio’. Ad ascoltarlo c’è il sindaco Fabio.
"Dobbiamo essere consapevoli - ha detto in avvio – che la questione mafiosa è questione nazionale. Non solo perché Cosa nostra, ’Ndrangheta, Camorra hanno spostato nel tempo in altre regioni gli interessi economici e finanziari, ma ancora prima perché la criminalità organizzata , specie Cosa Nostra, è stata capace di determinare scelte politiche di rilevanza nazionale. Talvolta con metodi violenti e minacciosi, altre con la proverbiale abilità di creare e implementare rapporti di collusione con il potere". Cita una frase di Totò Riina – "se non avessimo avuto rapporti con la politica saremmo stati una banda di sciacalli" – per confermare la sua teoria che, dice a più riprese, trova conferma in varie sentenze passate in giudicato. "Il problema mafia in questo Paese non si riesce a risolvere da 170 anni – afferma – e sta diventando fattore di inquinamento economico anche a livello internazionale. Un fattore di grave depressione per la libertà e la democrazia". Riconosce a Cosa Nostra l’aver saputo "cambiare pelle come un serpente", infiltrandosi. E diventando "più forte di prima, più difficile da contrastare". Di Matteo è convinto che quella delle "stragi non sia finita per sempre, ha forza economica e militare per tornare all’antica stagione". Invita i giovani "ad interessarsi e informarsi, uscendo dalla visione del particolare", solo così si evita di "diventare sudditi consapevoli al guinzaglio di chi ha la capacità di orientarci". "Tra Riforma Cartabia e Nordio vedo una continuità di lungo periodo", osserva sottolinenando il pericolo "della gerarchizzazione dei poteri, troppi in capo ai dirigenti degli Uffici". Stigmatizzando "l’attenzione eccessiva ad avere le carte a posto da parte dei giovani magistrati. Ci vogliono imporre una visione manageriale del nostro lavoro".
Laura Valdesi