
Boldrini, il giornalista in cattedra. Da cronista ostaggio a professore
Con questa iconica fotografia di Maurizio Boldrini, che ci ricorda gli anni romantici e artigianali del fare giornalismo, ricordiamo tutti quei colleghi che ci hanno preceduto, che ci hanno insegnato, che ci hanno soprattutto divertito e anche incantato. Dobbiamo dire che Augusto Mattioli, nel cogliere l’attimo alla macchina da scrivere, ci offre il senso di un mestiere, che è per di sé solitario, di chi guarda, osserva e si inventa la scrittura.
Maurizio Boldrini ne è uno degli esponenti più esemplificativi: la gavetta quando si faceva davvero, ovvero redazione a giornate intere e tanta strada, per lui perfino il sequestro da parte dei detenuti nel carcere di San Gimignano nel 1975. Ma ogni esperienza, anche la più difficile, diventa scrittura e per lui il Premio Senigallia proprio come miglior cronista dell’anno. Boldrini è un giornalista curioso, spesso anticipatore, dove l’intuizione è ancora un valore aggiunto. Professionista dal 1980, ha fatto poi della propria esperienza una materia di insegnamento alla Facoltà di Scienze delle Comunicazioni. Lavorare con i giovani è altra importante prerogativa, e ci riesce assai bene, basta ascoltare il ricordo mai sfumato di qualche suo ex allievo.
Ha compreso prima di altri la radicale trasformazione della professione, che non va a morire ma che invade altri campi e ne crea di nuovi. Un passo avanti. Senza la retorica di chi fa lo stesso lavoro da trent’anni. La sua esperienza va dalla direzione di testate classiche (Nuovo Corriere Senese) a quando la televisione locale era una novità (Teleregione), all’importanza della promozione universitaria (Centro Comunicazione e Marketing dell’Università di Siena), alla palestra giovanile della redazione dell’Unità, con colleghi che hanno segnato il panorama nazionale. Senza contare il suo lavoro a Botteghe Oscure e nel Pci regionale, a capo del dipartimento Stampa e propaganda. O la sua regia nel fenomeno mediatico, nazionale e internazionale, che fu la festa dell’Unità ’Futura’ in Fortezza. L’evento che anticipò l’addio al vecchio Pci.
Questa foto ne nasconde molte altre, per un lavoro oscuro, difficile, dove ognuno è solo davanti alla propria scrittura, a un pubblico senza volto, e il presente dove ci crediamo sempre più connessi nasconde invece un cammino in solitaria. Al contrario del tempo della foto, oggi siamo una grande rete fatta da persone che ogni giorni seleziona informazioni, ne elabora i contenuti e ne crea altre offrendo nuovi significati. Ma siamo certi che Boldrini si trova a proprio agio anche in questo ragionato caos.
Massimo Biliorsi