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Black out di Capodanno agli Arrischianti

La pandemia obbliga a interrompere con tanti disagi la lunga tradizione basata sullo spettacolo e il cenone di San Silvestro

SIENA

"La nostra situazione storica ci costringe a chiudere il Teatro Arrischianti e a rinunciare al tradizionale appuntamento con lo spettacolo di San Silvestro", anticipa Gabriele Valentini, regista. Non accadeva da oltre dieci anni: da quando è iniziata la tradizione di festeggiare la notte di Capodanno con la commedia e il cenone, formula sempre overbooking. Quest’anno, per le restrizioni antiCovid, tutto annullato, come in ogni teatro italiano. Sarteano mette in conto la perdita di un evento di grande attrattiva e, per l’indotto che ruota intorno all’Accademia degli Arrischianti, capace di stimolare coesione, reddito e lavoro.

Cosa sarebbe dovuto accadere il 31 dicembre?

"Il debutto di ‘Doc - soffro di deficit da accudimento, ma non ho capito cos’è’: una commedia ambientata nella sala di uno studio di psicoanalisi – dice Valentini -. Ho scritto il testo giocando sugli stereotipi delle nevrosi dell’uomo contemporaneo e che, tanto più oggi, non risparmiano la nostra società".

Dieci anni, un lungo periodo.

"Li abbiamo festeggiati nel 2019 con ’Che mi importa del mondo’: i protagonisti rimangono chiusi in un bar per una ‘imminente’ fine del mondo. Purtroppo, è stata profetica. Abbiamo iniziato la nostra fortunata esperienza di San Silvestro con ‘RomeoGiulietta’. Poi si sono avvicendate rappresentazioni con la mia firma, di Laura Fatini e Stefano Bernardini. Quest’anno, diciamo che ci siamo presi una pausa. Le attività dell’Accademia proseguono da remoto".

Lo streaming basta a far vivere il teatro?

"Queste iniziative, si sono alternate dappertutto ma non possono sostituire il Teatro ‘dal vivo’. Rappresentano, in ogni caso, un fenomeno rilevante, un nuovo linguaggio che il teatro, anche perché espressione di contaminazione, deve far proprio".

Il 2021?

"Spero sia un anno di ‘recupero’: di ciò che abbiamo perso e rimandato nel 2020. Oggi è difficile programmare: il teatro è stato molto colpito e dovremo ripensare il mondo dello spettacolo dal vivo, iniziando dalle tutele dei suoi lavoratori".

A Sarteano, cosa vuol dire la mancanza di teatro, occasione di promozione e sviluppo culturale, integrazione?

"È una ferita per ogni comunità. In teatro ogni volta si realizza qualcosa che non si può riprodurre: la circolazione e lo scambio dei pensieri. Nello spettacolo, nel concerto, l’esperienza di chi è sul palco si unisce a quella di colui che assiste: condivisione, confronto, le premesse di ogni sana comunità".

Antonella Leoncini