
"Noi bambine ad Auschwitz" il titolo dell’iniziativa promossa dall’istituto superiore Piccolomini, con l’arcidiocesi di Siena-Colle Val D’Elsa-Montalcino e l’associazione Possibility. Incontro on line con il cardinale Augusto Paolo Lojudice, il rabbino Crescenzio Piattelli, la preside Sandra Fontani, un gruppo di studenti, il presidente della provincia Silvio Franceschelli, la prefetta Maria Forte e l’assessora Francesca Appolloni. "Noi bambine ad Auschwitz" è la storia di due sorelle che vissero gli orrori del l’Olocausto sulla loro pelle. Avevano solo 4 e 6 anni Andra e Tatiana Bucci quando vennero portate nel campo di sterminio. Riuscirono a sopravvivere perché, scambiate per gemelle, vennero tenute in vita per essere utilizzate come cavie per gli esperimenti di Mengele.
"Era la sera del 28 marzo 1944, eravamo già a letto quando la mamma ci svegliò e ci vestì in fretta – racconta Tatiana -. Fummo portati con una camionetta nei sobborghi di Fiume, insieme a tanti altri ebrei arrestati. Il giorno ci portarono alla stazione di Trieste dove, ancora oggi, c’è un binario sotterraneo, in modo che nessuno poteva vedere partire i convogli. Sul treno la mamma ci teneva strette a sé, ricordo di non aver mai pianto".
"Quando si aprirono le porte del vagone ricordo una grandissima confusione – continua Andra – era buio, ognuno cercava i propri cari, i cani abbaiavano. Ci divisero in due file. Noi, dopo qualche chilometro a piedi, arrivammo in un caseggiato dove ci spogliarono completamente. Eravamo tutte donne, ricordo che istintivamente cercavamo di coprirci. Dopo averci lavate, rasato i capelli, ci diedero degli abiti nuovi, nel senso non nostri, per poi tatuarci il numero seriale. Il mio era 76483".
Sono immagini forti per chi le ascolta o le legge, ancora vivide nei ricordi delle due donne. Il senso dell’iniziativa, a distanza di tre settimane dal giorno della Memoria, è evitare che questo capitolo oscuro della storia sia solo un ricordo lontano da tirare fuori in circostanze prestabilite.
"Primo Levi diceva che la memoria umana è uno strumento meraviglioso, ma fallace – ha ricordato il rabbino – Il compito delle istituzioni, della scuola, è fare in modo che sempre più persone tengano vivo il ricordo". Ecco l’obiettivo di questo incontro con gli studenti del Piccolomini, perché "tutto ciò che può aiutare i giovani ad avere coscienza di una realtà crudele, ma reale, va messo in gioco", ha spiegato il cardinale Lojudice. E gli studenti, per quanto queste storie le abbiano lette solo sui libri, sono consapevoli dell’importanza della testimonianza ricevuta ieri. "Noi ci sentiamo di ringraziarle – hanno detto alcuni ragazzi - per essere testimoni di ciò che hanno subito, ma anche del modo con cui hanno saputo reagire, per riprendersi quella vita di cui hanno tentato invano di privarle, per difendere la loro identità più volte schiacciata".
Teresa Scarcella