"Ecco come abbiamo salvato la vita di Alex Zanardi"

Parla il medico intervenuto con Pegaso e che ha intubato subito lo sportivo. "Lo conoscevamo, era venuto a trovarci nella nostra sede"

Alex Zanardi

Alex Zanardi

Siena, 24 giugno 2020 -   «Venti anni di esperienza di fronte alle situazioni più critiche e delicate, come medico dell’elisoccorso di Grosseto. A tale patrimonio ho attinto anche per affrontare il caso di Alex Zanardi mantenendo lucidità e calma quando mi sono trovato di fronte un personaggio che conoscevo. Era venuto a trovarci per portarci l’incoraggiamento personale. Visita inaspettata di cui eravamo stati onorati». Non fa una grinza il dottor Robusto Biagioni che venerdì era sul ‘Pegaso’ volato a Pienza.

Dottore, è stata dura a livello emotivo? «Non durante ma nel post intervento quando c’è stata una presa di coscienza toccante fra i componenti dell’equipaggio».

Quanto avete impiegato per arrivare sul posto? «Circa 14 minuti di volo da Grosseto, più qualcuno pre-partenza e post atterraggio per motivi tecnici. E’ la prassi».

Dove siete atterrati?. «In un campo. Abbiamo attraversato la boscaglia con l’aiuto del soccorritore alpino che ha reso più agevole il nostro percorso. Subito dopo l’elicottero si è posizionato in un punto più adeguato per l’imbarco del ferito evitando di farlo passare nella boscaglia».

Quando avete saputo che si trattava di Zanardi? «Mentre percorrevamo il tratto dall’elicottero al paziente».

Il primo pensiero? «Siamo tutti rimasti concentrati sul da farsi».

Erano già intervenuti i vostri colleghi del 118. «Avevano già svolto la prima parte delle manovre salvavita. Siamo subentrati in supporto, seguendo i protocolli, per l’ulteriore stabilizzazione».

Ha intubato Zanardi, operazione giudicata complessa viste le ferite, tanto da ricevere l’apprezzamento dei suoi colleghi delle Scotte. «E’ avvenuta sul posto l’intubazione orotracheale: poteva essere un’operazione difficile ma è stata di media difficoltà. Quindi sono stati stabilizzati i segmenti ossei fratturati del volto e del cranio, ridotto il sanguinamento delle ferite che erano cospicue con manovre e bendaggi compressivi».

Cosa ha visto sul posto dell’incidente? «Il nostro obiettivo era salvarlo, ho solo notato intorno tanta gente. Molti ciclisti».

Il viaggio verso Siena? «C’è stato bisogno solo di misurare senza correggere i parametri vitali. Ha confermato di avere un grande fisico da atleta, ha reagito molto bene».

Poi al pronto soccorso... «Ad attenderlo un’équipe multidisciplinare, dai chirurghi ai radiologi. L’abbiamo lasciato consapevoli che l’esito della partita vera si giocava sul piano neurologico».

Un attimo di pausa e il rientro. «Abbiamo riassettato l’elicottero e in questa occasione, sia io che l’infermiere, abbiamo ricordato, con immagini diverse, questo personaggio eccezionale che era venuto a trovarci».

I nomi della squadra? «Oltre a me, l’infermiere Andrea Morante, il soccorritore alpino Stephan Bohli, il comandante Marcello Cardillo, il secondo pilota Stefano Cecamore e il tecnico Roberto Arimondi». Se si riprenderà, come tutti sperano, vi incontrerete? «Di recente un paziente per cui nessuno avrebbe preventivato un esito positivo è venuto a salutarci. Io mi sposterei ben volentieri da Zanardi per salutarlo, se lui fosse d’accordo».