REDAZIONE SIENA

Contradaioli condannati, il rettore del Magistrato: «Le autorità ripensino l’approccio al Palio»

Benedetta Mocenni sottolinea anche un altro aspetto emerso dalle motivazioni della sentenza del 24 febbraio scorso: «Non accettiamo che le nostre guardie siano considerate inattendibili»

Il rettore del Magistrato Benedetta Mocenni

Il rettore del Magistrato Benedetta Mocenni

Siena, 18 giugno 2025 – Ecco il comunicato stampa del rettore del Magistrato delle Contrade Benedetta Mocenni  riguardante «le sentenze sui fronteggiamenti sul Campo che hanno visto coinvolti alcuni contradaioli».

«Carissimi senesi e contradaioli, alla vigilia della nostra Festa, che vedrà di nuovo protagonisti i popoli delle diciassette Contrade della città, il Magistrato delle Contrade intende rivolgersi a tutti Voi per esprimere e condividere un fermo dissenso ed un profondo rammarico rispetto agli esiti del procedimento giudiziario che, dopo otto estenuanti anni, pur conducendo all’assoluzione di alcuni contradaioli, ne ha visti condannare ben 8 per il reato di rissa e, in alcuni casi, addirittura per il reato di resistenza a pubblico ufficiale. E, proprio in questo momento, analizzate le motivazioni della sentenza del Tribunale di Siena n. 86/2025, vogliamo che emerga in maniera chiara e decisa la nostra contrarietà a quanto ricostruito ed affermato nella sentenza stessa, dalla quale emergono considerazioni che non condividiamo e che, proprio perché destano molta preoccupazione, ci impongono di agire affermando i nostri principi ed i nostri valori. Tralasciando gli aspetti giuridici (che saranno certamente oggetto di approfondimento nelle competenti sedi) e ribadendo fermamente la massima vicinanza ai contradaioli coinvolti (che manifestiamo ancora con più affetto), destano amaro stupore le considerazioni relative all’azione della Polizia Municipale, che la suddetta sentenza definisce “passiva”, finendo addirittura per escludere l’attendibilità delle testimonianze degli agenti e rilevando, evidentemente con una valutazione negativa, il fatto che essa lasci “presso il proprio comando tutti gli strumenti difensivi, quali manganelli, spray urticanti e manette”, espressione di quello che sarebbe il “medesimo occhio benevolo dell’amministrazione comunale e della cittadinanza” nei confronti dell’ “evento fronteggiamento”.

Ora, corre l’obbligo di sottolineare che ciò che la sentenza evidentemente utilizza come un argomento a favore della condanna dei contradaioli costituisce al contrario uno dei tratti tipici di un ordinamento che ha quale principio ispiratore non certo l’illiceità, bensì il rispetto: il rispetto dei contradaioli nei confronti delle istituzioni, il rispetto tra le istituzioni stesse (tra le quali, da secoli, vi sono le Contrade), e, infine, il rispetto tra i contradaioli, che, in ogni momento in cui si confrontano (e proprio grazie a tali momenti di confronto), si rivelano reciprocamente e sinceramente, per il coraggio che mostrano, per la forza che manifestano, per l’attaccamento che vivono e, quindi, per ciò che sono. Il rispetto che nasce da questo tipo di relazione è più solido, perché poggia su una conoscenza reale. Non è cieco né ipocrita, ma consapevole e – ci sia consentito – non ha certo bisogno né di manganelli né di spray urticanti, né tanto meno di manette, strumenti che certamente non vanno destinati a noi.

Ciò che è “lapalissiano” non è certo la difficoltà di questa forma di “equilibrio” sociale, come si legge nella sentenza, ma è il rapporto di stretta collaborazione che, giorno dopo giorno, si costruisce proprio tra le Contrade (e, con esse, tra i contradaioli) e tutte le istituzioni che operano sul territorio, dalle Forze dell’Ordine, ai rappresentanti del Governo e al Comune: tutto questo ha un solo nome: sicurezza, sociale e civile, cioè garanzia di coesione e presidio del territorio. Per questo, non possiamo accettare che le nostre Guardie siano considerate inattendibili proprio nel terreno ove, grazie alla loro preparazione ed alla loro opera, anche diplomatica, riescono al meglio ad esercitare la loro funzione istituzionale.

Ma c’è un altro elemento che infonde amarezza: leggendo la sentenza e, in particolare, le pagine dedicate al riconoscimento dei contradaioli, spiacevolmente corredate da fotografie e fermi immagine, si percepisce distintamente che i senesi, in piazza del Campo, non sono considerati i protagonisti della Festa, ma dei sospettati, dei possibili delinquenti, da inquadrare preventivamente e dettagliatamente, fin nei loro connotati più personali, perché potenziali autori di reati. Ecco che il sistema delle telecamere, nato per la sicurezza, tradisce il proprio obiettivo, generando un clima da processo, dove il senese in festa viene trattato come un possibile malvivente.

Questa è una deriva pericolosa, che richiama alla mente un approccio giuridico inquisitorio, in cui il sospetto precede la prova, ed il contradaiolo viene sorvegliato non per ciò che ha fatto, ma per ciò che potrebbe fare: è una visione incompatibile con i valori della nostra città. Ma non solo: questa deriva rischia di spegnere quegli elementi di passionalità e spontaneità che non solo costituiscono il fondamento della nostra Festa, ma che rappresentano il presupposto di quella sicurezza che, come detto, caratterizza la nostra Siena e che dovrebbe costituire un vanto per la nostra Nazione e non uno slancio da appiattire.

Ebbene, non possiamo accettare che il Palio venga ridotto a scena di sorveglianza permanente così come non possiamo accettare il luogo comune secondo cui non possiamo sottrarci a questa modalità di gestione della Festa, come se si trattasse di un dato di fatto, di un inarrestabile processo finanche destinato a peggiorare. Non è così: e allora, mentre chiediamo alle Autorità un deciso ripensamento sull’approccio al Palio, e conseguentemente sull’utilizzo abnorme degli strumenti di sicurezza, chiediamo a tutti i senesi di prendere coscienza della forza e dell’unicità del nostro modo di vivere, che non può rimanere solamente una vuota parola da illustrare ai forestieri. In vista della nostra Festa, facciamo quindi appello a tutti i senesi di vivere i quattro giorni con la dovuta serenità e con sentimento, senza sentirsi osservati o trattenuti, di non rinunciare alla spontaneità, alla passione che rende viva ogni nostra espressione. Chiediamo a tutti i senesi di essere se stessi, perché essere se stessi, come lo siamo sempre stati, è un atto di verità, di libertà, l’unico vero antidoto alla finzione, alla prudenza eccessiva che spegne l’anima delle cose. Viviamo allora questi giorni con autenticità, con il cuore aperto, perché solo così, in questo momento, potremo davvero salvaguardare la nostra Festa. Dalle stanze del Magistrato, 17 Giugno 2025

Il Rettore del Magistrato delle Contrade

Benedetta Mocenni