La strage nazista di Punta Bianca, vittime 15 soldati italo-americani. "Alcuni furono sepolti ancora vivi"

Il commando dell’Oss avrebbe dovuto distruggere la galleria ferroviaria tra Bonassola e Framura

Val di Magra, 27 marzo 2024 – Ieri la comunità di Ameglia e l’antifascismo spezzino hanno ricordato l’ottantesimo anniversario della strage nazista di Punta Bianca. Era il 26 marzo 1944: le vittime furono quindici militari americani dell’Oss, il corpo impiegato per operazioni speciali. I componenti dei commandos venivano scelti tra i soldati con origini familiari nei Paesi obiettivo delle missioni: in questo caso tredici figli di emigrati italiani in America e due nati in Italia.

L’operazione, chiamata “Ginny”, aveva l’obiettivo di distruggere la galleria ferroviaria tra Bonassola e Framura, per interrompere i collegamenti delle forze tedesche che stavano occupando l’Italia. Un primo blitz, nella notte tra il 27 e il 28 febbraio, non riuscì perché il commando sbarcò in un punto sbagliato. L’operazione fu ritentata il mese successivo. I quindici raggiunsero la terraferma nella notte tra il 22 e il 23 marzo, anche in questo caso con qualche complicazione. Si rifugiarono in una stalla abbandonata a Carpeneggio di Bonassola: qui un giovane contadino, Franco Lagaxio, diede loro del cibo e fornì informazioni sulla galleria. Ma la mattina del 24 un pescatore scoprì i gommoni e avvisò il Fascio di Bonassola. Lagaxio cercò di avvertire gli italo-americani, ma era ormai troppo tardi.

Dopo un interrogatorio a Bonassola i quindici vennero portati nella villa di Carozzo sede del quartier generale di Kurt Almers, comandante della 135a Brigata. Nonostante le regole della Convenzione di Ginevra che proibivano l’esecuzione di soldati nemici catturati in divisa, il 25 marzo arrivò l’ordine del 75° Corpo d’armata tedesco di fucilare immediatamente i prigionieri. Il telegramma fu firmato dal generale Anton Dostler, capo del 75°. Almers tentò senza successo di far cambiare l’ordine. Nessuno dei quindici fu giudicato da un tribunale. All’alba del 26 marzo furono uccisi a Punta Bianca, dove i tedeschi avevano un deposito, una batteria e un Comando Marina.

Furono fucilati o subirono anche altri oltraggi? Lo studioso Giulio Mongatti, in una memoria, sostenne che “da accertamenti compiuti dalle truppe americane alcuni dei giustiziati furono sepolti ancora vivi”. Dostler fu catturato nel dopoguerra e sottoposto a processo nell’ottobre del 1945, nella Reggia di Caserta. Dichiarato colpevole, fu fucilato ad Aversa il 1° dicembre 1945. Ma Dostler dipendeva dal feldmaresciallo Albert Kesselring, comandante supremo di tutte le forze tedesche in Italia. Non poteva non averlo informato, né aver proceduto senza la sua autorizzazione. Non a caso Kesselring il 24 marzo era a Bonassola. Tutti i documenti relativi alla strage furono distrutti in seguito a suoi ordini perentori. Il criminale nazista non pagò né per questa né per le altre tante stragi efferate commesse in Italia. Condannato a morte, poi graziato, fu rimesso in libertà nel 1952.

Giorgio Pagano

Co-presidente del Comitato provinciale Unitario della Resistenza