Il Festival della Mente proiettato nel futuro

"Di fronte alle attuali sfide che il mondo ci sta riservando, ci sono due scelte da fare: restare immobili o provare a cambiare le cose"

di Elena Sacchelli

Le cariche istituzionali vestite a festa, la marea di volontari che si muove freneticamente, la fila di persone che da via Gori si protrae sino a piazza Matteotti. Il Festival della Mente è ufficialmente iniziato. "Il primo Festival che ho sentito mio era incentrato sul futuro – ha commentato il primo cittadino Cristina Ponzanelli - credo che futuro e movimento siano due concetti molto legati fra loro ed estremamente presenti. Di fronte alle attuali sfide che il mondo ci sta riservando ci sono due scelte da fare: restare immobili o provare a cambiare le cose, quindi muoversi. La seconda scelta è più difficile, ma più coraggiosa: così ha fatto Sarzana e così ha fatto il Festival". La 19ª edizione non poteva che aprirsi con un omaggio a Luca Serianni, professore e linguista recentemente scomparso che un anno fa aveva avuto l’onere e l’onore di aprire la rassegna. "Voi siete la testimonianza della validità di questo Festival – ha proseguito il presidente di Fondazione Carispezia Andrea Corradino - un Festival che è per molti e non riservato a una cerchia circoscritta e che sa parlare ai giovani. Ed è proprio l’interesse dei tanti giovani che hanno partecipato come pubblico e come volontari la cosa che mi inorgoglisce di più". "Dedichiamo quest’edizione del Festival al professor Serianni – ha aggiunto la direttrice Benedetta Marietti prima di lasciare la parola all’alto commissario dell’Onu per i rifugiati - e a Daniel, David e Sofia, tre bambini ucraini che con le loro mamme sono stati per qualche tempo ospiti a Sarzana. Questa edizione è per loro e per tutti i bambini che sono costretti a fuggire dalla loro casa". Ad accogliere Filippo Grandi che con la sua lectio magistralis "il movimento degli ultimi" ha saputo catalizzare l’attenzione di centinaia di spettatori è stato un lungo applauso. Una riflessione che, a partire dall’attualità che è basata sul movimento, si è spostata al periodo caratterizzato dalla pandemia da covid, in cui muoversi era più difficile per tutti, soprattutto per gli ultimi. "Tutti noi ci muoviamo continuamente per lavoro, per piacere e necessità -ha esordito Grandi – ma pensate al 2020 e provate a immaginare quanto possa essere stato difficile fuggire per chi non poteva muoversi. Sono davvero felice di aver dedicato questo momento al movimento degli ultimi, che in questo Festival sono i primi". L’impeccabile riflessione dell’alto commissario dell’Onu ha evidenziato come, durante la pandemia, le disparità si siano moltiplicate. Basti pensare al divario vaccinale tra i vari paesi del mondo e alle disparità economiche. Da lì sono nate due modalità per affrontare quel momento nei confronti di chi muoversi doveva per forza, quando "quasi tutti i paesi ricchi hanno chiuso le frontiere anche a chi doveva fuggire e i paesi poveri, dotati di diverse sensibilità hanno invece fatto scelte diverse". "Ricordo la chiamata del ministro ugandese che con 10 mila congolesi alle porte era in dubbio sul da farsi perché voleva aiutarli, ma non aveva risorse, e alla fine li accolse". Poi i dati decisamente allarmanti: a oggi le persone che sono dovute fuggire dal proprio paese per guerra, violenze persecuzioni, ma anche per motivi economici e climatici sono 100 milioni, 3 anni fa erano 71 milioni. Di questi 13 milioni sono ucraini, e il motivo per cui abbiano dovuto lasciare la propria a casa è chiaro a tutti. Un terzo del totale invece si trova in Africa, dove esistono diversi bacini critici, come il Corno d’Africa o il lago Chad. "Fuggire per salvarsi è una realtà molto vasta – ha spiegato Filippo Grandi – e questi flussi rappresentano una delle grandi sfide planetarie".