REDAZIONE SARZANA

Il crudele femminicidio del 1912. Lasciata morire dissanguata dopo un tentativo di violenza

Maria Dallara, emancipata e lavoratrice, aveva 59 anni e 7 figli. Fu una vendetta premeditata Lo storico arcolano Giorgio Neri ha raccontato la tragica storia della bisnonna in un libro.

Una storia coinvolgente, di quelle che fanno ‘accapponare la pelle’ che ti verrebbe da gridare ‘Basta’ e invece di fatti così ne succedono ancora. Sono già più di ottanta le donne uccise dall’inizio del 2023, ma quante se consideriamo che il femminicidio di cui è stato presentato il libro ‘L’ultimo raggio di luce’ a Vezzano risale al 1912? Migliaia? Uno dei primi omicidi nei confronti di una donna risale ai primi del Novecento e avvenne a Vezzano Ligure. La vittima fu Maria Dallara, una mamma di sette figli che aveva solo 59 anni. Una donna emancipata, lavoratrice, che sapeva il fatto suo, sia sul lavoro che nella famiglia. Maria, come ha sottolineato l’autore, il pronipote Giorgio Neri, non era una pivella. Era la sua bisnonna, e Neri, che è uno storico arcolano, al suo attivo già molti libri che narrano eventi che accaddero nel territorio, racconta una triste pagina paesana di cui parlavano sempre suo nonno, figlio della vittima, e sua madre: "Mia mamma aveva 102 anni e mi raccontava sempre di quanto avvenne, era come un chiodo fisso perché voleva che questo avvenimento non venisse dimenticato. Una storia difficile, di cui ho dovuto rendere una forma morbida di pubblicazione, indicando le persone che si resero responsabili di questo omicidio, come ‘individui’".

Maria Dallara era titolare di un’osteria e sala da ballo, sempre a contatto con il pubblico. Il giorno in cui sparì, era andata alla messa poi aveva indossato abiti comodi da lavoro e con il secchio del becchime si era diretta in Lozzana, nella stradina dove aveva una capanna e accudiva gli animali. Fondamentale per capire quanto avvenuto il racconto di una testimone, che nei pressi della zona chiamata Cocchi, la incontra e si fermano a chiacchierare. Poi Maria prosegue il suo cammino per non fare più ritorno. Tutti la cercarono, si mobilitò il paese. "Fu il primo caso in Liguria, il secondo in Italia di quell’epoca, dopo un omicidio a Palermo, un delitto d’onore. Maria sparì e il maresciallo dell’epoca raccolse persone che potessero dare informazioni su presunti sospetti. Anche la stampa seguì il caso, molte domande da chiarire anche se potesse essere ancora viva, visto che non c’era il corpo". Per dare una svolta decisero di far intervenire i cani San Bernardo e appena si sparse la notizia qualcosa cambiò : "Questi tizi – racconta Neri – la notte tra il 10 e 11 aprile, dopo 33 giorni, prendono il cadavere e lo trasportano lungo la via che va all’Usignolo, ma vengono visti e vennero arrestati. Rischiarono di essere linciati a Sarzana e li spostarono a Chiavari". Si scopri la dinamica di quanto avvenne: Maria fu invitata ad entrare in una cantina per testare il vino, lei che era un’esperta di vino e avvezza a trattare con i clienti nell’osteria, non ebbe sospetti. Invece era una trappola, una vendetta premeditata, ci fu un tentativo di violenza al quale la donna si ribellò. L’arma del delitto fu proprio l’attrezzo per spillare il vino. La lasciarono morire dissanguata, il suo omicida morì in carcere, si disse per crepacuore, ma probabilmente fu fatto fuori dai compagni di cella.

Cristina Guala