ELENA SACCHELLI
Cronaca

Filippo, positivo per natura: “Non temo laurea e lavoro, ma il cambiamento climatico mi preoccupa”

Non ha ancora deciso quale strada imboccare, ha però ben chiaro quali siano i grandi problemi da affrontare per un futuro migliore

Filippo, positivo per natura: “Non temo laurea e lavoro, ma il cambiamento climatico mi preoccupa”

Sarzana, 7 ottobre 2023 – Non ha ancora le idee chiare su cosa fare immediatamente dopo il diploma e si lascia ancora aperte varie possibilità, sicuramente però si vede all’Università. Ma Filippo Capetta, brillante studente della 5 B del liceo scientifico Arzelà-Parentucelli – sa perfettamente che tipo di persona vuole diventare. Anzi lo è già. A casa sua un quotidiano che ammette di non leggere quanto dovrebbe c’è tutti i giorni, ma non per questo Filippo è ignaro di ciò che succede vicino e intorno a lui. Al contrario a colpire è la sua consapevolezza. Filippo è timido ma risoluto, non ha deciso se laurearsi in Architettura o in qualche altra facoltà, ma ha ben chiaro quali siano per lui i valori imprescindibili e quali siano le grandi problematiche dell’attualità da affrontare subito e concretamente per far sì che il futuro che lasceremo alle prossime generazioni sia migliore del presente. Filippo, che tra un paio di mesi compirà 18 anni, ha diversi interessi e tante passioni che coltiva quotidianamente, anche se in modo forse atipico rispetto a tanti suoi coetanei. La sua è la generazione z, quella nata con la padronanza dei dispositivi digitali, ma Filippo non è un fan dei social media e Instagram – da lui stesso definito il social per eccellenza della sua generazione – non lo usa per niente e preferisce di gran lunga Youtube, che tra le varie piattaforme è la più old. Filippo non è abituato a girarsi dall’altra parte, è una persona critica nell’accezione positiva del termine e combatte per i suoi ideali. È insofferente al disinteresse diffuso che spesso percepisce intorno in lui, anche tra i suoi coetanei, e a qualsiasi forma di qualunquismo. È un idealista e vorrebbe poter fare di più.

Filippo se pensi al tuo futuro prevale l’entusiasmo o c’è qualcosa che ti preoccupa?

"Diciamo che sono una persona positiva per natura e tra 10 anni mi immagino laureato e con un lavoro, possibilmente in Italia. Mi piacerebbe restare, magari non esattamente qui, ma non vorrei andare via dal mio Paese. A preoccuparmi è soprattutto il cambiamento climatico, e il fatto che non ci sia abbastanza coscienza su questa tematica che già riguarda e riguarderà sempre più tutti noi. Se ne parla, ma non abbastanza e solo approssimativamente. Il 2030 è la data simbolo e solo allora vedremo se i grandi obiettivi prefissati dall’Onu saranno effettivamente raggiunti. Io credo che quello del cambiamento climatico sia un problema effettivo e innegabile, e senza spingersi troppo distante da noi ritengo che le esondazioni in Germania e in Austria siano tutt’altro che normali".

Tra i tuoi compagni di classe o comunque tra i tuoi coetanei c’è consapevolezza del problema?

"Sì e no. Nel senso c’è chi pensa che non spetti a noi in quanto singoli individui fare qualcosa e aspetta che siano altri, i politici o più in generale l’Europa, a decidere come affrontare il problema e chi come me, ma non sono il solo, crede che ciascuno possa fare la propria parte agendo in determinati modi e a partire dalle piccole cose. Io credo che il cambiamento possa e debba partire da noi anche se la politica deve fare di più e alla svelta, per questo il 6 ottobre ho aderito convintamente allo sciopero indetto da Friday for Future".

Un altro grande grande tema d’attualità è la guerra in Ucraina. In un fatto così drammatico cosa ti colpisce di più?

"Ricordo i giorni immediatamente precedenti al conflitto, quando se ne parlava ma quella dell’effettivo scoppio della guerra era solo una ipotesi remota. Quando ho scoperto che la guerra era davvero iniziata è stato quasi surreale. Non credevo potesse accadere ancora e ero convinto che certe cose le avrei soltanto studiate nei libri. All’inizio se ne parlava molto anche a scuola, ma poi come spesso accade mi sembra che sia arrivati a una sua normalizzazione. Seppure morte e devastazione siano all’ordine nel giorno in paesi relativamente vicini a noi, ho l’impressione che siccome non ci riguarda direttamente, l’attenzione sia calata e se ne parli sempre meno, anche e soprattutto a scuola".

Un piccolo salto indietro. Come hai vissuto a livello umano e scolastico il periodo della pandemia?

"Nel marzo 2020 ero in prima liceo e ritrovarmi confinato in casa è stato strano. Fortunatamente non ho perso nessun affetto in quel periodo complesso, ho sofferto il non poter socializzare, ma ammetto che se fosse capitato in quarta o in quinta avrei accusato le restrizioni molto di più. A me andare a scuola piace e sicuramente preferisco le lezioni in presenza, sia per la qualità dell’insegnamento che per la possibilità di confrontarmi direttamente con amici e insegnanti. Anche se in quel momento la dad era l’unica alternativa possibile credo che il fatto di avere meno stimoli e di essere a casa possa aver contribuito a spingere chi già non aveva molta voglia o possibilità a lasciare gli studi precocemente".