Bedini in cella nel carcere di Cuneo Gli avvocati: "Difesa penalizzata"

Il trasferimento dalla Spezia dopo il tentativo di fuga e l’ombra delle minacce al sospetto omicida "Il giovane è psicopatico, ha bisogno di cure e del conforto dei genitori. Così è tutto più difficile"

Daniele Bedini, il 32enne carrarese accusato di aver ucciso a colpi di pistola – a 24 ore di distanza l’una dall’altra, il 5 e il 6 giugno scorso, nei viali sarzanesi del sesso mercenario – la prostituta Nevila Pjetri e la trans Camillla Caro Bertolotti, da ieri è detenuto nel carcere di Cuneo. "Motivi di sicurezza" è la ragione che ha indotto l’amministrazione penitenziaria a disporre il trasferimento dal carcere della Spezia dopo il rocambolesco tentativo di fuga del detenuto: aveva cercato di superare un muro di cinta usando una corda rudimentale fatta di lenzuola e stracci che non ha retto al suo peso. Il trasferimento è avvenuto previa acquisizione del parere positivo della Procura della Spezia. Ma sul nuovo corso logistico è polemica. La sollevano gli avvocati difensori Rinaldo Reboa e Costanza Bianchini. Ieri mattina si sono recati in carcere per incontrare il loro assistito. Ma lo stesso, quando loro hanno suonato al campanello di villa Andreino, era già in viaggio. "Nessun avviso preventivo e nemmeno nessuna comunicazione sulla nuova destinazione. Siamo sgomenti. Sappiamo le cose dai giornali...." dice l’avvocato Reboa lamentando una violazione dei diritti della difesa: "Tutto si complica sul piano delle azioni intraprese, dalle indagini difensive agli accertamenti psichiatrici. Avremmo preferito che la nuova destinazione fosse Massa a Pisa. Ci è stato negato" spiega la colloca Bianchini. "Vorremmo sapere anche qualcosa di più su tipologia e genesi delle minacce che ci risulta abbia ricevuto il nostro assistito in carcere dal fronte dei detenuti" rilancia Reboa.

Il trasferimento ha anche a che fare con la premura di preservare l’integrità di Bedini oltre a rappresentare una misura connessa al tentativo di evasione?

"Non ci è dato sapere" dicono i legali. Di certo i magistrati della procura, quando gli avvocati, ieri mattina, davanti alla casa circondariale, prospettavano lo scenario delle minacce, non erano al corrente dell’esistenza delle stesse.

Intanto non sono ancora pervenuti in Procura gli esiti degli accertamenti effettuati dai carabinieri dei Ris sui mezzi in sequestro - il pick up dell’indagato e la Fiesta della trans - dove sono stati repertati campioni di sangue e altre tracce che, insieme alla prova della stub per l’individuazione di polvere da sparo, permetterebbero di chiudere il cerchio delle indagini che già presentano un quadro indiziario pesantissimo in capo a Bedini. Il riferimento è a quanto è emerso dalle riprese da varie telecamere di videosorveglianza: collocano il mezzo di Bedini in fase di rientro a casa in orari successivi alla consumazione dei delitti e sugli itinerari degli stessi, nel caso del primo nelle immediate vicinanze con captazione, perfino, di un colpo di arma da fuoco.

Lui, sottoposto a due interrogatori di garanzia (uno per ogni delitto), si è sempre avvalso della facoltà di non rispondere al gip. Solo frasi generiche sull’estraneità ai fatti. "Ha fatto muro anche con noi" dicono i legali che confidano nella consulenza di uno psicologo e di un psichiatra per scavare nell’animo e nella mente dell’assistito.

"Non è possibile che sia stato trasferito a 300 chilometri di distanza dai genitori che sono gli unici che possono dargli sollievo. Questo ragazzo è psicopatico conclamato, va curato non mandato in un carcere a 300 km di distanza. Senza dir nulla ai suoi difensori, tra l’altro. Lo si condanna ancor prima di un processo" sostiene Reboa annunciando un esposto al ministro della Giustizia Cartabia.

Corrado Ricci