
Lo scrittore Edoardo Albinati
Sarzana, 2 settembre 2022 - L’essere umano, nel corso della sua vita sperimenta un’attrazione ambivalente: quella per il prossimo e la società, intervallata dalla necessità di ritirarsi nella quieta solitudine, per poi, nuovamente tuffarsi nel mare delle relazioni. La decisione di “uscire dal mondo” può nascere da un’esigenza creativa, ma anche prendere vita da uno strappo vissuto nella propria vita, come reazione ad un rifiuto da parte della società. Può essere imposto e derivare da necessità sanitarie o di ordine pubblico, come nel caso di chi si trovi a scontare una pena in un istituto di detenzione. La scelta di ritirarsi dalla società, che oggi colpisce soprattutto i giovani è un fenomeno da non sottovalutare. Pensiamo al caso degli Hikikomori, che vivono in pochi metri quadri, all’interno delle proprie stanze o chi, dopo l’isolamento vissuto in questi ultimi anni, fatica oggi a tornare a relazionarsi con il mondo se non attraverso uno schermo. Isolamento, solitudine e segregazione sono stati da sempre compagni di viaggio dell’uomo. Come rende conto di tutto ciò la letteratura? Da qui parte la riflessione di Edoardo Albinati , insegnante all’interno del carcere di Rebibbia e scrittore, che sarà ospite domenica alla XIX edizione del Festival della Mente, con un intervento dal titolo: “Uscire dal mondo. Isolamento, solitudine, segregazione”.
"Come insegnante in carcere – racconta Albinati – l’argomento che forse mi è più familiare è quello dell’isolamento carcerario. È molto interessante come nella letteratura italiana l’esperienza dell’esilio che è una forma ulteriore di isolamento, dalla propria città, dalla propria patria, oppure il vero e proprio carcere, abbia prodotto alcune delle opere principali della letteratura italiana. La Divina Commedia è stata scritta da qualcuno che era stato fatto fuori dalla vita pubblica, dalla vita sociale. Per passare a Macchiavelli ed arrivare fino a Gramsci. C’è una strana linea che caratterizza la letteratura italiana. Ma c’è anche il fenomeno interessante dell’autoesclusione, come quella di Petrarca che invece la solitudine la cerca. Di chi vuole fuggire i luoghi frequentati o per preservarsi o per realizzare la propria opera".
Solo è l’autore che nel suo esercizio di scrittura necessita della quiete per lasciare spazio al suo esercizio creativo, solo è il lettore perso all’interno di una storia che sta leggendo. "Nella letteratura – spiega Albinati – c’è una cosa che lega molto lo scrittore con il lettore. Entrambe le esperienze dello scrivere e del leggere che hanno a che fare con la letteratura sono esperienze solitarie. Evidentemente, credo, esiste una nostra oscillazione continua tra il chiuderci e l’aprirci, purificarsi nel silenzio e nel vuoto e ravvivarci con la fiamma dell’incontro con l’altro. Penso che la definizione aristotelica classica dell’uomo come animale sociale sia incompleta. Noi compiamo una sorta di spola tra solitudine e socievolezza".
“Uscire dal mondo” è anche il titolo dell’ultimo libro di Edoardo Albinati, nel quale racconta storie di isolamento voluto o imposto: "Sono tre storie: un ragazzo detenuto, una ragazza malata in cui è la malattia a segregarla, e un musicista divenuto così misantropo che alla fine non vuole più vedere nessuno. Anche gli altri personaggi hanno delle loro immedicabili solitudini. Forse perché noi partiamo soli, cerchiamo l’altro ne veniamo poi bruciati e quindi ci ritraiamo ogni volta. E anche i personaggi di questo libro cercano l’altro, poi lo rifuggono e poi lo cercano ancora. La lettura, questo esercizio solitario, permette di catapultarti in mondi affollati di vita, di storie, di personaggi. Luoghi reali, passati, immaginati, desiderati. La biblioteca centrale di Rebibbia, dove insegno – racconta il professore – si chiama ironicamente “Papillon, un libro per evadere”. La lettura ti fa vivere delle vite per interposta persona. Tu non le puoi vivere queste esperienze ma le rivivi attraverso le pagine di qualcun altro".
Maria Cristina Sabatini