"Violenza a Prato: non basta indignarsi, torniamo all'umano"

La psichiatra Teresa Zucchi riflette sui casi di violenza ai danni di giovanissime, sottolineando l'urgenza di intervento e prevenzione. La pornografia, l'individualismo, l'assenza di modelli educativi sono alcuni dei fattori che contribuiscono a creare un terreno fertile per tali eventi.

Sui casi di violenza ai danni di giovanissime, pubblichiamo la riflessione della psichiatra Teresa Zucchi. "Corpo come oggetto di consumo. Da abusare, da possedere, da utilizzare a proprio piacimento, incuranti dei danni e della persona come soggetto. Dopo Palermo, Napoli ci sbatte in faccia lo stupro di gruppo. Violenza e frustrazione, trauma e disperazione. Drammatiche realtà che si impongono alla riflessione di noi adulti. Urgenze non più rimandabili perché l’assenza di intervento e prevenzione aggiungerebbe al trauma subito quello derivante dalla nostra omissione. Facile e precoce esposizione alla pornografia (che desensibilizza e distorce il significato dell’esperienza sessuale), contesto socioculturale dominato dall’individualismo, dall’ego referenzialità e dal consumismo, mancanza di modelli di riferimento, eclissi della funzione educativa, assenza di risposta ai segnali di disagio (risse e aggressioni incluse) mandati dai giovani. Questi alcuni dei fattori che possono aver contribuito a creare terreno fertile per i fatti in questione. Gravi le conseguenze. La persona non ha solo un corpo ma è il corpo che ha. Ogni abuso fisico e sessuale si ripercuote su ogni componente, ogni ferita incisa sul corpo resta scolpita nella complessità dell’essere. Come adulti abbiamo la responsabilità di scendere in campo, di costituire un’alleanza fra agenzie educative che valuti in modo serio le trasformazioni avvenute e le ripercussioni in atto, che si faccia carico di bisogni e disagi esistenti, che ascolti, e poi intervenga. Non basta indignarsi e punire. Occorre andare a fondo: capire cosa sta succedendo, rettificare, curare (quando e se necessario), tornare a fornire orizzonti di senso. In modo analogo non è sufficiente limitare l’educazione sessuale ad un’informazione sulle malattie sessualmente trasmesse o sull’uso dei metodi contraccettivi. Non basta per educare all’amore né per vedere l’altro nella sua alterità. Forse è questione di ritornare e rieducare “all’umano”, recuperando una visione dell’uomo dove l’istintualità ceda il passo alla relazionalità come condivisione".