Da quando la ferrosa gabbia della pandemia ha finalmente allentato la sua morsa, mi sono ritrovato accecato dalla viva luce di una libertà quasi violenta. Come a proteggermi da questo improvviso bagliore, di notte, ho cercato ristoro nel rileggere i versi del grande poeta greco K. Kavafis. Non è un caso che dalle bianchissime isole elleniche, l’eterna Itaca dei più ostinati cercatori di bellezza, arrivasse il doloroso canto del loro figlio migliore. La mia poesia riporta solo la suggestione dei versi del maestro. Regalo questo piccolo lavoro ai lettori de La Nazione e a tutti quelli che cercano ancora la propria Itaca interiore.
Il Buio Acceso.
Forse è meglio
non conoscersi,
hai ragione...
(L’immenso, sparuto
finire dell’Ora).
Lasciare tutto
all’Indeterminato
e alla Suggestione,
all’astratto riconoscersi
appena nel gracile lume
di un’infinita candela
ormai quasi spenta.
Illuminati da un buio
profondo, il più nero
perdersi – come
d’Istante – così
mai per sempre,
fragilmente
d’Eterno
Acceso.
Gabriele Lastrucci