
di Silvia Bini
Da domani anche Prato partirà con la somministrazione della terza dose di vaccino. Si inizia con le categorie dei fragili (trapiantanti e dializzati) per poi proseguire con le altre. I pazienti interessati in Toscana sono circa 50.000, 18.000 nel territorio dell’Asl Toscana Centro. Vietate le distrazioni: dopo due anni di lotta al virus, continua ad essere un periodo delicato per Prato, seconda città dopo Siracusa per numero di contagi in rapporto alla popolazione. A tracciare il quadro della situazione è Daniela Matarrese, direttrice dell’ospedale Santo Stefano.
Matarrese, perché è così importante che i pazienti fragili si sottopongano alla terza dose?
"Come indicato dal ministero della Salute, un’ulteriore somministrazione aumenta il numero di anticorpi e quindi garantisce una maggiore protezione dal virus. In questo modo viene completato il ciclo vaccinale con una copertura molto elevata". Non c’è preoccupazione per la possibilità che i cittadini decidano di tirarsi indietro?
"Intanto partiamo con la categoria dei fragili: si tratta di persone che verranno chiamate direttamente dal sistema sanitario e che saranno seguite anche dal proprio specialista di riferimento, quindi c’è un’attenzione molto alta su questi pazienti".
In seguito, la terza dose sarà estesa a tutta la popolazione?
"Quando arriveremo alla scadenza del green pass certamente avremo bisogno di indicazioni. In questo momento la scelta è quella di proteggere i soggetti maggiormente a rischio".
Con l’imminente obbligo di green pass per tutti i lavoratori, avete registrato un incremento di richieste di vaccini?
"Gli hub di Prato lavorano ogni giorno al massimo. Al Pellegrinaio Novo e al Centro Pegaso vengono somministrate circa 1000 dosi al giorno, quindi da questo punto di vista la città ha risposto bene e non si sono mai registrate flessioni particolari".
C’è una parte di cittadini no vax e una larga parte di indecisi: come convincerli?
"Come dimostrano i casi di positività accertati ogni giorno, il virus sta ancora circolando e per questo è necessario continuare a vaccinarsi. Ovviamente non rende immuni perché anche i vaccinati possono trasmettere la malattia e ammalarsi di Covid, ma serve comunque a scongiurare la terapia intensiva. Per fare un esempio: lo scorso novembre, quando ancora la campagna vaccinale non era partita, in terapia intensiva avevamo 30 posti letto, adesso non superiamo i 10, tutti occupati da persone non vaccinate. Questo dà la misura dell’efficacia delle cure".
L’ospedale riesce a far fronte alle richieste di posti letto?
"I ricoveri in area Covid sono 48 a fronte di 50 letti, altri 5 pazienti Covid sono in Malattie Infettive, reparto che ha una disponibilità di 10 posti mentre in terapia intensiva sono occupati 8 posti letto su 10 a disposizione. Ce la facciamo grazie al grande impegno di medici e infermieri che in questi anni così duramente segnati dalla pandemia hanno dato grande dimostrazione di professionalità e attaccamento al lavoro".
Nonostante tutti gli sforzi fatti Prato è la seconda peggiore città italiana per numero di contagi. Come si spiega?
"Incidono due dati: il fatto che in città risiedano molti cittadini stranieri, che nella prima parte della campagna vaccinale hanno avuto difficoltà a registrarsi sul portale regionale e il fatto che ci sono moltissimi under 40, partiti con le vaccinazioni in un secondo momento".
Il 15 settembre sono ripartite le scuole con 32.000 studenti e 5000 docenti in presenza: è motivo di preoccupazione?
"Stiamo monitorando i contagi: per colpa della variante Delta che rappresenta la quasi totalità dei malati di di oggi, la diffusione del virus corre più velocemente. Se ci sarà un incremento, questo sarà visibile a 8 giorni dalla riapertura, quindi verso la metà della prossima settimana. Solo allora potremo avere un quadro abbastanza chiaro degli effetti".