Incastonata nel cuore di Prato, a due passi da piazza Duomo, l’università è essa stessa risorsa e tesoro per una città che, sul fronte delle presenze turistiche, può e deve fare ancora meglio. Daniela Toccafondi, presidente del Pin, il settore lo conosce molto bene: fu anche assessore al Turismo nella prima giusta Biffoni.
Sul fronte del turismo Prato non brilla. Lo abbiamo visto anche quest’estate. C’è un modo per fare meglio?
"Intanto ci tengo a sottolineare che negli ultimi anni e nelle ultime giunte è stato fatto tantissimo per il turismo. Ma sono convinta che Prato abbia ancora grandi potenzialità. Resta molto da fare. Primo passo: gli investimenti. Abbiamo da giocarci carte uniche, come la via della Lana e della Seta, che privilegia il turismo del trekking ed è frequentata da tantissimi europei. Pensiamo anche al turismo legato al settore wedding: sono stati fatti molti investimenti, e i risultati si sono visti".
Il Pecci, tra i più importanti musei di arte contemporanea, è tra i meno visitati. Perché? I turisti cercano proposte più ‘pop’ nell’arte contemporanea? Più accessibili?
"Il Pecci è un gioiello di Prato e della Toscana intera. Ed è in una città che vanta opere di arte contemporanea a cielo aperto. Per questo dobbiamo ringraziare imprenditori illuminati. E Giuliano Gori. Poter vedere nelle piazze opere importanti non è una cosa scontata. Poi c’è il Pecci, nel quale sono state fatte mostre molte belle. Occorre lavorare sulla possibilità di dargli un’infrastrutturazione. Chi arriva a Firenze sarebbe logico che potesse usare mezzi pubblici per arrivare al Pecci. Invece, soffre di mancanza di infrastrutture. Ben venga la metrotramvia, ma si potevano potenziare anche la Lam o altre linee. Ma non basta: va supportato anche il turista che decide di spendere tempo a Prato, invogliato dal Pecci magari".
E come si fa? Da Firenze i turisti si spostano da Ponte Vecchio a The Mall. Come intercettarne una fetta? Il dialogo tra le due città funziona?
"Il problema è fare pacchetti che considerino un turismo più itinerante. Pensiamo alle crociere che arrivano a Livorno: serve un dialogo con loro per intercettare anche quel turismo. Abbiamo dei veri tesori da vendere: pensiamo alle ville medicee. Oppure alla moda, che si concepisce a Prato e sulla quale siamo numeri uno: perché non valorizzare la nostra produzione mostrandola ai turisti? Una chiave può essere il turismo a tema: pensiamo al vino, abbiamo cantine storiche bellissime. Anche la nostra Chinatown potrebbe essere una risorsa. Io credo che non basti il dialogo Prato-Firenze, occorre un dialogo più ‘regionale’".
Il Pin porta prestigio alla città, e vivacità. Anche gli studenti delle due università straniere stanno rientrando a Prato. Potrebbe essere anche questa una chiave per far conoscere la città?
"Una chiave per farla conocere al mondo, certo. Noi siamo in dialogo con le università straniere. Pensiamo a ‘Prato campus week’: il dialogo con la New Haven e Monash è costante. Alla New Haven ci sono ragazzi che diventano maggiorenni qui a Prato, e la famiglie li raggiungono per la festa. Pensate a quanti arrivi. La Monash organizza convegni almeno due volte al mese, con docenti da tutto il mondo. La covegnistica a livello universitario è risorsa importante. Ma la città ha carenze: manca di alberghi di alto livello, non abbiamo hotel a 5 stelle. C’è molto da fare sulla ricezione. Lo scorso anno abbiamo avuto un convegno importantissimo con medici da tutto il mondo: abbiamo dovuto cercare spazi fuori da Prato".
Come viene ‘venduta’ Prato. Viene raccontata bene?
"Al Pin non c’è un corso specifico per manager del settore turistico, ma master importanti su marketing e la comunicazione. Abbiamo competenze notevoli. Perché non sfruttarle, ad esempio con corsi di alta formazione assieme a enti pubblici e associazioni di categoria? Bisogna però sapere da che parte si comincia: non vedo male l’idea degli stati generali del turismo e anche della Dmo. Partiamo da qui. L’università, come sempre è a disposizione, con corsi formativi, progetti mirati e professionalità".