SARA BESSI
Cronaca

Le suore di Poggio a Betlemme: “Città deserta e paura, ma noi rimaniamo qui”

La voce di suor Fayeza, che ha vissuto nel 2002 l’esperienza dell’assedio della Natività da parte dell’esercito israeliano: "Ma questa volta è peggio. Nessuno può raggiungere Gerusalemme. E i pellegrini non ci sono più"

Le suore Malini, Fayeza e Marlene davanti alla porta della Basilica della Natività

Prato, 29 ottobre 2023 – Pochi mesi fa l’avevamo incontrata in un’affollata piazza della Mangiatoia a Betlemme: allora raccontava della difficile uscita dal periodo di isolamento dalla pandemia, che ha ridotto molte famiglie in povertà. Ieri mattina la raggiungiamo al telefono, dopo uno dei più pesanti attacchi notturni nella Striscia di Gaza da parte delle forze Israeliane dal 7 ottobre, dallo scoppio della guerra. Suor Fayeza Ayad delle Francescane Minime di Poggio a Caiano da vent’anni a Betlemme racconta di non aver mai vissuto una situazione "così critica e grave, neppure quando insieme ad altre consorelle e a padre Ibrahim Faltas, vicario della Custodia di Terrasanta, sono rimasta chiusa nella Basilica della Natività per 39 giorni nel 2002 in occasione dell’assedio dell’esercito israeliano all’edificio religioso dove alcuni i miliziani palestinesi si erano rifugiati". L’assedio oggi è esteso a tutta la città in cui è venuto alla luce Gesù: "Tutta la città è chiusa, i check point al muro di separazione non sono accessibili da parte dei palestinesi che da giorni non possono andare al lavoro a Gerusalemme. I varchi possono essere attraversati soltanto da chi per motivi sanitari documentati deve andare a fare cure salvavita in ospedale, come quelle oncologiche – prosegue – L’altro giorno un padre mi ha chiamato disperato: non poteva andare oltre il varco della Tomba di Rachele per lavorare e non poteva avere i soldi per comprare il farmaco per il figlio diabetico. E’ impossibile lavorare qui a Betlemme, ora: è una città deserta, vuota, con le chiese ed i negozi chiusi. I pellegrini, ritornati in gran numero dopo il covid, non ci sono più. Abbiamo visto un piccolo gruppo di pellegrini spagnolo rimasto bloccato dallo scoppio della guerra".

Suor Fayeza, insieme alle due consorelle suor Marlene dal Brasile e suor Malini dallo Sri Lanka, cercano di stare quanto più possibile vicine alle famiglie, specialmente le più povere e bisognose di generi alimentari, e ai bambini. E a differenza di altre volte con il passare dei giorni dallo scoppio del conflitto che non accenna a diminuire nonostante i tanti appelli alla de-esclation dei bombardamenti sui civili di Gaza, cresce la paura sui volti dei palestinesi di Betlemme. Non è prudente uscire dalle case e dal convento perché "in questi giorni non si può mai sapere che cosa possa accadere. La settimana scorsa un missile è caduto in un campo a Beit Jala, un quartiere della città – racconta la religiosa – C’è stato un momento di terrore. Insieme alle mie consorelle preghiamo tutti i giorni davanti all’Eucarestia nella Basilica chiusa. Vogliamo essere ponte di amore e di pace: siamo certe che Dio ci ascolta". Incoraggiamento a sostenere la popolazione arriva dalla madre generale: "Abbiamo parlato con lei in videochiamata. Ho confermato di voler restare qui –aggiunge – dove il Signore mi ha chiamata per aiutare questa gente. Come il Santo Francesco, abbiamo il compito di custodire i luoghi della Fede e le persone che li abitano".