REDAZIONE PRATO

Sulle tracce delle pietre d’inciampo. Con Tipo, per non dimenticare

Itinerario speciale in vista del Giorno della Memoria nei luoghi delle deportazioni: i nomi, le storie

Gli studenti della Monash University impegnati a ripulire le pietre d’inciampo in piazza San Francesco. Le pietre ricordano nomi, date. di nascita, giorno e. luogo di deportazione, date di morte dei deportati uccisi nei lager

Gli studenti della Monash University impegnati a ripulire le pietre d’inciampo in piazza San Francesco. Le pietre ricordano nomi, date. di nascita, giorno e. luogo di deportazione, date di morte dei deportati uccisi nei lager

Sarà un appuntamento diverso e speciale quello di Tipo, Turismo industriale Prato, in programma sabato 25 gennaio alle 17, con partenza da piazza Macelli. Speciale perché si parlerà di fabbriche, ma soprattutto di una delle pagine più tragiche della nostra storia: le deportazioni avvenute in città nel 1944, gli ultimi drammatici mesi della seconda guerra mondiale. L’itinerario è stato pensato insieme al Museo della Deportazione di Figline in vista del Giorno della memoria, per non dimenticare storie di privazioni e violenza, ma anche storie di solidarietà e salvezza nelle fabbriche pratesi, con imprenditori e operai che lottarono insieme per difendere la nostra tradizione tessile, il lavoro. Da piazza Macelli, al Polo Campolmi, a piazza San Marco e San Francesco, fino al Castello, cercando le pietre d’inciampo: questo è il percorso. La partecipazione è gratuita, la prenotazione obbligatoria a [email protected].

Il Comune di Prato è stato tra i primi in Italia a partecipare al progetto delle Pietre d’inciampo, collocando 40 Stolpersteine nei luoghi di arresto dei deportati: le prime 12 nel 2013, le altre 28 nel 2014. I deportati pratesi vennero per la maggior parte arestati dopo gli scioperi del marzo 1944. Furono condotti al Castello, sede della Guardia nazionale repubblicana, trasferiti a Firenze e deportati nei lager nazisti: il treno partì da Santa Maria Novella l’8 marzo e arrivò a Mauthausen l’11 marzo 1944. Ecco chi furono i deportati e i luoghi in cui vennero prelevati, nei quali una pietra d’inciampo oggi li ricorda. In piazza delle Carceri: Giuseppe Calamai, Antonio Cecchi, Mario Fagotti, Attilio Lombardi, Porsenna Nannicini. In San Francesco: Renato Abati, Diego Biagini, Noris Bresci, Giovanni Guidotti, Enzo Maranghi e Valesco Vannucchi. In via Ricasoli: Mario Belgrado. In piazza Duomo: Leonello Betti, Ruggero Bruschi, Umberto Caiani, Armando Gattai, Spartaco Mencagli, Mario Pini. A Porta Mercatale: Gino Bartoletti e Guido Moscardi. In San Marco: Edo Settimo Abati e Giulio Gliori. All’ex fabbrica Campolmi, oggi sede della Lazzerini e del Museo del Tessuto: Adelindo Giorgetti, Gonfiantino Gonfiantini, Ferdinando Micheloni, Palmiro Risaliti. All’ex Lucchesi in piazza Macelli: Aniceo e Maggiorano Ciabatti, Severino Faggi, Umberto Frilli, Otello Gabuzzini, Cesare Giachetti, Umberto Mascii, Nello Petri e Gino Vannucchi. Al Pino: Gino Bartolini, Duilio Boretti, Arturo Lassi, Renzo Ponzecchi, Rolando Senatori. Il sito del Museo della deportazione racconta le loro storie.

Come quelle dei fratelli Ezio e Vincenzo Maranghi, 18 e 17 anni, arrestati il 7 marzo 1944 in San Francesco e a Porta al Serraglio, deportati a Mauthausen e poi a Ebensee. Solo alla fine della guerra i loro destini si separarono. Ezio morì a Ebensee il 5 maggio 1945, il giorno prima dell’arrivo delle truppe americane; Vincenzo riuscì a sopravvivere e dopo un rocambolesco viaggio attraverso le Alpi fu tra i primi deportati pratesi a tornare a casa. Oppure la storia di Mario Belgrado, che dopo le leggi razziali del ’38 con l’aiuto del suo datore di lavoro si nascose nel laboratorio orafo di via Ricasoli in cui era impiegato, ma fu arrestato il 30 novembre 1943, probabilmente dopo una delazione, e incarcerato a Milano, a San Vittore. Fu deportato ad Auschwitz il 30 gennaio 1944: di lui non si conoscono il numero di matricola né la data del decesso, che potrebbe coincidere con quella del suo arrivo nel campo, dove probabilmente fu giudicato inabile al lavoro e ucciso nelle camere a gas. Le pietre nate grazie all’idea dell’artista berlinese Gunter Demnig ricordano in tutta Europa questi orrori. Anche a Prato, e non solo per il Giorno della Memoria, è importante che esistano, per farci inciampare, per costringerci a riflettere, ricordare.

Anna Beltrame