Quante star sono entrate nella bomboniera Così il Metastasio ci ha educato alla cultura

Strehler e Ronconi, Nuti e Villoresi, Ella Fitzgerald, Ray Charles e tanti altri nel teatro che ha guidato la trasformazione della città

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E’ la volta del Metastasio,

la bomboniera di Prato, nella nostra pagina domenicale dedicata al ’come eravamo’ della città, con le preziose foto Ranfagni, a corredo anche

dei precedenti articoli su Nesi,

il Lungobisenzio, il borgo

di Filettole, la goliardia,

le botteghe del centro, Baghino, Pugi, sindaco Giovannini, la redazione pratese de La Nazione, Fiordelli, il mondo del tessile, Vestri.

di Roberto Baldi

Non nascemmo imparati. Ha prevalso per tanto tempo la cultura del profitto a Prato. Dimmi quanto guadagni e ti dirò chi sei, era il nostro credo. Porca miseria si diceva, non "benedetta, miseria". Anche di notte e di domenica lavorava il telaio dello stanzone sotto casa. E quando i soldi si finivano, perché c’è sempre garbato spenderli, ci si rimetteva a lavorare. Ce ne volle perché la provincia delle ciminiere cominciasse a familiarizzare con la cultura dietro la fondamentale spinta del Metastasio. Fu in quel periodo che anche l’istruzione del figlio diventò per l’imprenditore il sillabario dell’esperienza, da utilizzare come risorsa alternativa alla fabbrica. Accanto al Metastasio si metteva mano alla nuova biblioteca Lazzeriniana, si aggiungevano le librerie, diminuivano le fabbriche nella città capace fino allora di tener cattedra nell’Europa dei telai e delle pezze, finalmente convinta che la cultura è un bene comune primario.

Fu il notaio pratese Cecconi nel 1820 a promuovere il nuovo che sostituisse il vecchio ’Teatro dei semplici’ perché di semplice a Prato non c’è nemmeno l’acqua del Bisenzio, che la vedi scorrere pacifica, borbottare alle cascate e impennarsi imperiosa nelle giornate di buriana. Nell’ottobre del 1964, dopo una sosta di otto anni per restauro, riprese in pieno l’attività. Da allora diventò il teatro di noialtri con arrivi da tutta Italia. Strehler e Ronconi gli conferirono un primato assoluto con un piglio superiore a quello dei registi che credono tutti di essere Dio, mentre loro ne erano certi; si formò il Teatro Studio che partorì attori come Pamela Villoresi, Francesco Nuti, Roberto Benigni, Saverio Marconi, Marcello Bartoli; registi come il celebre Paolo Magelli, Mario Rellini, Nello Rossati; autori gradevolissimi come Umberto Cecchi, animatore fra gli altri dello stesso teatro-scuola, intelligenza acuta, ubriaco di scrittura e di viaggi, in quel suo appassionarsi distratto e smemorato, producendo per il Metastasio (ne diventò presidente nel quinquennio 2009-2014) "Quella specie di cancro" andato in scena per l’apertura della stagione del 1968. Il Metastasio diventò Teatro Stabile , ovviando anche alle carenze dovute all’alluvione di Firenze, mentre si spengeva il grido delle filande, gli stanzoni pieni di stracci ribollivano di odori antichi, ti resuscitavano un paio di cinema all’aperto: quello della Guido Monaco e il Politeama Pratese dove si apriva sul tetto la grande presa d’aria figlia dell’arte di Nervi attraverso cui si vedevano le stelle cadenti, mentre Nazzari scandiva a Ivonne Sanson, "no i figli non si vendono". Nelle trattorie dei tiratardi i protagonisti del Metastasio si ritrovavano a commentare le serate, annegati nel deserto della città dove le stelle possono esser scavalcate impunemente. Il sole al primo mattino ci veniva addosso per simpatia, attratto dai vecchi tetti.

Accanto alla prosa anche la lirica e musica varia: grandi voci del melodramma e nel 1969 Ray Charles, il nuovo Sinatra; Ella Fitzgerald, i concerti di Mulligan, Duke Ellington, Gilbert Becaud e via di seguito prima da noi e poi nelle altre città. "Prato scavalca Roma", scrisse il nostro giornale. La bomboniera, come appellarono il Metastasio (gioiello di architettura settecentesca incastonato in un’attrezzatura ultramoderna) consacrava Prato da regina del tessile a capitale del godimento artistico.

Tutti insieme nella grande famiglia dello spettacolo che, accanto agli attori e registi, prevedeva anche i costruttori di macchine sceniche, una specie di gnomi in foreste di quinte, di cordami e fondali che rispondevano ai nomi di Matam, Funaro, Fellino e la successiva generazione dei Polo e Roberto Innocenti, Cecchini, Fattori, Lena, Barbani; le ragazze del gruppo: Battaglia, Nesti, Menicucci, sotto l’occhio vigile di Montalvo Casini professionista fra i più preparati e umanamente disponibile a tutti, motore instancabile dell’impresa Metastasio, che attraverso il proprio teatro tiene vivo ancors oggi un rapporto di interazione sociale con la città bisognosa di arricchire il cammino economico di contenuti socializzanti in alternanza al sonno della scuola e al rumore delle discoteche, nello sforzo di dare un senso nuovo alla progenie degli impannatori.