Il riconoscimento della cittadinanza italiana rischia di rimanere un miraggio per un imprenditore pachistano, che abita a Prato. Ad impedirne l’ottenimento c’è un ’peccato originale’, ritenuto insormontabile prima dal Ministero dell’Interno e poi dalla bocciatura espressa poche settimane fa dal Tar del Lazio sul ricorso presentato dagli avvocati dello straniero contro la decisione del Dicastero stesso.
Ma i legali difensori del pachistano, Roberto Bartolini ed Enrico Martini, hanno deciso di non fermarsi di fronte alla sentenza dei giudici del Tar del Lazio e di prosegueire facendo ricorso al Consiglio di Stato per non lasciare niente di intentato.
La storia affonda le radici nel lontano 2008: da marzo a novembre di quell’anno il pachistano aveva omesso di versare le ritenute previdenziali per i dipendenti e per questo reato era stato condannato dal Gup di Prato il 20 settembre 2012. Una sentenza che, avendo i requisiti per l’applicazione della depenalizzazione, ha permesso allo straniero residente a Prato di poter veder estinguere il reato di cui era stato accusato e condannato.
Per questo motivo a gennaio 2016 il pachistano presenta istanza di cittadinanza italiana. Una richiesta che trova l’altolà del Ministero degli Interni che in certi provvedimenti, come la concessione della cittadinanza, può muoversi con un alto grado di discrezionalità. L’Amministrazione, in quell’occasione, decise di respingere la domanda con una DM del 2019 in quanto quel cittadino ha dimostrato inaffidabilità e una non coiuta integrazione nella comunità nazionale. Il resto è storia dell’ultima bocciatura ad opera del Tar che ha respinto il ricorso sposandodi fatto la posizione del ministero.
Sa.Be.