Quel modellino di Moore e i segreti di un simbolo

Il modello in scala è in mostra al Museo Novecento di Firenze, prestato da Sandro Veronesi «Il contributo di mio padre per sostenere l’opera d’arte: solido e concreto»

La scultura di Henry Moore a Prato

La scultura di Henry Moore a Prato

Firenze, 17 gennaio 2021 - La mostra dedicata ad Henry Moore presentata ieri e che si potrà visitare da domani al Museo Novecento in piazza Santa Maria Novella a Firenze conterrà una chicca per i pratesi. In una sala al secondo piano sarà esposto il modellino della «Forma squadrata con taglio», che dalla prima metà degli anni Settanta campeggia in piazza San Marco, dove venne installata dopo lunghe e feroci polemiche. Che divisero i pratesi sull’opportunità di accogliere unaopera d’arte contemporanea  così innovativa ed invasiva. Pochi mesi dopo l’installazione, l’opera di Moore diventò simbolo della città con la forza persuasiva del classico e più nessuno ne mise in dubbio la collocazione e l’appartenenza alla comunità. Il modellino in mostra a Firenze, in gesso e delle dimensioni di una scacchiera, fu donato da Henry Moore a Giannino Veronesi, all’epoca ingegnere capo del Comune di Prato, la persona con la quale lo scultore ebbe i più frequenti contatti nel periodo che precedette installazione. Un gesto di riconoscenza e simpatia, sentimenti evidentemente estesi alla famiglia dell’ingegnere, come dimostra la dedica alla signora Luisa, moglie di Veronesi su una foto dello scultore, che tiene fra le mani il modellino. La vera sorpresa, per chi visiterà la mostra fiorentina è la rivelazione di come la scultura di Moore stia in piedi sul prato di piazza San Marco, malgrado i relativamente esili punti di appoggio a terra: a sostenere i marmi sinuosi di Moore sono due colonne che poggiano sulle fondamenta create nel sottosuolo e sormontate da un piano orizzontale, al quale i marmi sono saldamente ancorati. Fondamenta, colonne, piano orizzontale costruiti nel sottosuolo della piazza, furono ricreati da Veronesi, in perfetta scala, in terracotta, per completare il modellino dell’opera d’arte dell’oscuro, antiestetico ma indispensabile contributo della tecnica.

In mostra si apprezza il contrasto fra la leggiadria delle forme sinuose e lo squillante biancore dei marmi e la pesante e nerastra struttura sotterranea, senza la quale l’opera non potrebbe ergersi leggiadra, quasi danzante, in mezzo alla piazza. Sandro Veronesi, scrittore, vincitore due volte del premio Strega era adolescente, quando venne installata l’opera. Suo fratello Giovanni, regista cinematografico, era un bimbo. Sandro ha prestato alla mostra il modellino realizzato da Moore e i plinti aggiunti da suo padre, leggendo in quell’assemblaggio una metafora autobiografica. «Mio padre dette un contributo, oscuro, di solidità e concretezza per sostenere fisicamente l’opera d’arte, cosi come ha dato sempre sostegno a me, che all’arte ho dedicato la vita. Mi piace pensare a lui, che tiene sulle spalle la scultura, come faceva con me da bambino, prima che imparassi a camminare».  Piero Ceccatelli

Sandro Veronesi (New Press Photo)