REDAZIONE PRATO

ll distretto nel futuro Fusioni e aggregazioni Il modello Prato sta cambiando pelle

La formula del ’piccolo e bello’ è ormai superata dal tempo.. Per competere bisogna unire le forze e aprirsi al mercato: la strada. aperta da Pontetorto e Gruppo Colle, ma ci sono ancora resistenze.

ll distretto nel futuro Fusioni e aggregazioni Il modello Prato sta cambiando pelle

A metà degli anni Ottanta Prato fu capace di riconvertirsi, ma all’epoca non c’erano la Cina e nemmeno l’Europa a dettare regole. Il modello pratese non venne messo in discussione: era ancora l’era in cui ’il piccolo è bello’ esaltava la flessibilità del distretto, la stessa che nel primo dopoguerra, con la rigenerazione della lana dagli stracci, tagliò l’ossigeno a Manchester. Non è più così, oggi la parola d’ordine è crescere. "Il distretto sta vivendo una trasformazione evidente: sono cambiate le regole del gioco. Prima l’imprenditore con talento da venditore e mestiere nel sangue bastava da solo in azienda mentre oggi non basta più", dice Francesco Marini, membro del consiglio di presidenza di Confindustria Toscana Nord.

Lo hanno compreso gli industriali, gli artigiani, i sindacati, le istituzioni locali. Il Gruppo Colle e i fratelli Banci lo avevano capito prima degli altri. Riccardo Matteini la fusione con altre due tintorie la portò a casa quando ancora quasi nessuno ci pensava, nonostante le barriere burocratiche e le resistenze culturali. Oggi il Gruppo Colle è in grado di reggere la competizione. Prima ancora, nel 2016, Pontetorto Spa, società di Montemurlo che da oltre mezzo secolo produce tessuti di altissima qualità per il settore abbigliamento, cede per 21 milioni di euro una quota di maggioranza del capitale sociale, il 65%, alla Daidoh Limited, gruppo giapponese quotato alla borsa di Tokyo. Di recente il tema delle aggregazioni è tornato a fare notizia: è il caso del Lanificio Bisentino che dopo il matrimonio con la Gibiwear ha acquisito una fetta importante di quote di mercato. A luglio 2022 Filpucci acquista il 70% di Valfilo e il fatturato oltrepassa i 50 milioni di euro. I casi di fusione e di aggregazione diventano meno rari, ma ancora l’obiettivo è lontano: più della metà delle imprese pratesi tutt’oggi ha meno di cinque dipendenti. Con queste dimensioni è difficile competere sul mercato globale. Aggregare le nano-aziende è la soluzione, che, però, deve fare i conti con le resistenze culturali, tipiche degli imprenditori locali. La strada è tracciata e non si torna indietro, chi vuole restare sul mercato deve fare un passo in questa direzione: lo impone il mercato, la Cina, l’Europa. Il distretto è di nuovo di fronte ad una svolta epocale dove a cambiare questa volta è il modello-Prato che deve affinarsi alle richieste di clienti senza confini. "Ci sono nuove necessità di marketing, competenze, sostenibilità – aggiunge Marini –. Presto l’Europa imporrà regole come il passaporto digitale per la tracciabilità della filiera, chi non ha competenze informatiche, non può competere nel mondo globalizzato. La crescita dimensionale è una necessità". Come può avvenire? "Non esiste un’unica ricetta. L’integrazione verticale della filiera è un tema caldo perché consente di aumentare la tracciabilità delle lavorazioni, le holding permettono di salvaguardare il know-how e accedere a servizi che altrimenti resterebbero inaccessibili alla singola impresa, altrimenti le fusioni". L’importante è crescere di dimensione.

Silvia Bini