Gettata a terra, coperta di calcinacci e pallottole. Ferita dalle bombe e dagli scarponi dei soldati neozelandesi. Uno dei dipinti più belli del Rinascimento italiano, la Visitazione del Pontormo, ha rischiato di essere distrutta dalla ferocia insensata della guerra. E’ successo nell’estate del 1944, nella villa Guicciardini di Poppiano, dove aveva trovato rifugio assieme ad altri capolavori del Cinquecento toscano, tra i quali la magnifica deposizione di Rosso Fiorentino. E’ una storia da raccontare, di cui poco si è scritto e troppo si è dimenticato, a cominciare dai nomi di chi, in quei giorni tragici di morte e distruzioni, con l’amore per l’arte, con coraggio e tenacia, ha contribuito a salvare tanta bellezza.
La storia inizia nel 1938. Fervono i preparativi per una grande, splendida mostra che inaugurerà dopo un lungo restauro Palazzo Strozzi, con i capolvori del Cinquecento fiorentino e a Firenze arriva anche la Visitazione, che lascia per la prima volta la pieve di San Michele a Carmignano. La mostra viene inaugurata nell’aprile del 1940 con la chiusura prevista per l’ottobre dello stesso anno, ma il 10 giugno l’Italia entra in guerra e quei capolavori devono essere messi al sicuro. Il rifugio scelto è appunto Villa Guicciardini, a Poppiano. La Visitazione non può tornare a casa. Passano i mesi e arrivano le bombe. Fondamentali per tentare di ricostruire i fatti sono i poco conosciuti rapporti dell’Ufficio guerra del Comitato britannico per la preservazione e la restituzione delle opere d’arte (War office reports by the British committee on the preservation and restitution of works of art). "La Villa era già stata saccheggiata dalle truppe tedesche e anche le truppe alleate sembrano averla trattata in modo un po’ rude. Qui è stata trovata una grande sezione della Mostra del Cinquecento, un gruppo di quadri scelti da tutta l’Italia, per illustrare l’arte toscana del XVI secolo. La maggior parte di questi era in scatole, quindi non subì danni, ma sfortunatamente la grande Visitazione di Pontormo di Carmignano era stata gettata sul pavimento e quindi ricevette tutto il peso del soffitto quando cadde; inoltre i soldati ci avevano camminato più tardi, strofinando il gesso sulla superficie e rimuovendo notevoli aree di vernice. Questa può essere considerata l’unica opera d’arte gravemente danneggiata. Tuttavia, una certa quantità di danni è stata subita anche dalla grande Deposizione di Rosso Fiorentino di Volterra, che è graffiata in diversi punti ed è molto polverosa da intonaco e macerie".
C’è un’altra fonte importante: il Diario di guerra di Cesare Fasola, il funzionario della Soprintendenza che tra il ’43 e il ’44 ebbe l’incarico di tutelare le opere d’arte messe in salvo nelle ville e nei castelli nei dintorni di Firenze. E’ un documento scritto sul campo dal 20 luglio al 15 agosto 1944, sotto forma di lettere alla moglie, una cronistoria di quei terribili giorni con il passaggio del fronte, la ritirata tedesca e la liberazione. E’ stata la storica pratese Alessia Cecconi a pubblicarne le pagine nel libro Resistere per l’arte, del 2015. Il 30 luglio Fasola scrive: "A Poppiano le cose sono cambiate in peggio. Al castello in complesso benino, tranne il disordine portato dalle truppe neozelandesi. Ma alla villa, più colpita dai cannoneggiamenti, è affar serio. Il disordine e i vandalismi sono grandi (...). La sala di destra (Pontormo ecc.) è stata ridotta a bivacco, ma quel che è peggio, verso il fondo, una bomba ha distrutto mezzo soffitto, e là0 vi devono essere le tavole grandi!". Il giorno dopo: "In terra, in mezzo la Visitazione, coperta di calcinacci e stracci e pallottole". Il 1° agosto: "A Poppiano, subito alla villa. Tutti i dipinti e le casse grandi li abbiamo collocati nella prima parte della sala, lasciando così sgombra la parte crollata e crollante. Ho lavorato anche io come manovale (...). Ho vietato ogni tentativo di pulire".
Cos’hanno visto gli occhi di Fasola in quei giorni? C’è una fotografia, quasi inedita, che può rendere l’idea: eccola in questa pagina. E’ stata scattata a Poppiano, dopo le prime caute ripuliture e prima che la Visitazione potesse tornare a Firenze, nel frattempo liberata, per il lungo e delicato restauro a cui fu sottoposta (tornò a Carmignano dopo il 1949). Il capolavoro del Pontormo è quasi irriconoscibile. Sotto i segni delle violenze subite si leggono però ancora la meraviglia dei volti, l’armonia delle figure, la straordinaria modernità di un dipinto che è patrimonio dell’umanità. Furono scattate molte fotografie in quei giorni, per documentare i danni subiti e le opere salvate. Questa immagine fa parte della collezione di John Ward-Perkins, lo storico dell’arte che si era arruolato tra i Monuments Men. Era a Poppiano in quei giorni, come Fasola annota nel suo diario. E anche la sua storia merita di essere raccontata.