La truffa delle mascherine illegali "Risparmiamo: usa quel tessuto"

L’inchiesta sulla maxi-fornitura a Estar e alla Protezione civile svela un collaudato meccanismo di frode Le telefonate fra gli indagati per utilizzare materiali di scarto. E ora scatta il ritiro dei dispositivi dagli ospedali

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"Non arriviamo a un milione e duecento (di mascherine, ndr), quindi prima c’è da fare una ’giochessa’. Te la dico io qual è la ’giochessa’ Ale: è mettere nel mezzo uno ’spam’. Ho due azzurre e un bianco, con il bianco nel mezzo, non fuori, perché non si vede...". Ale è Hong Guolong, fratello di Hong Guo Yu, 33 e 24 anni, amministratori del Gruppo YL. A parlare è Samuele Vignolini, titolare della Vignoplast di Lastra a Signa. E’ lo stesso Vignolini a suggerire – si legge nelle intercettazioni dell’inchiesta sulla partita di mascherine truffaldine prodotte per Estar, Regione Toscana e della protezione civile nazionale – come aggirare il problema della mancanza di materie prime e risparmiare sui costi di produzione realizzando mascherine che, però, non garantivano un filtraggio antibatterico del 98% come invece era stato sottoscritto nell’appalto con i due enti pubblici. L’inchiesta esplosa giovedì ha portato all’arresto di 13 persone, tutti imprenditori cinesi, che producevano i dispositivi di protezione personale per conto del Gruppo YL, con l’accusa di sfruttamento del lavoro e di clandestini. Agli indagati sono contestai anche i reati di truffa aggravata ai danni dello Stato e frode nelle pubbliche forniture.

"E’ bene avergli dato questa prima partita tutta buona te lo dico... – replica Alessandro Hong a Vignolini nella stessa telefonata – perché se io fossi in loro questa prima partita te la prendo e te la vado a controllare subito. La seconda dato che i tempi sono 20 giorni, io mi rompo i c.. la prima volta, la seconda non sono sicuro che ti faccio fare il test, quindi ti dico che loro hanno fatto il test sulla prima consegna, quindi va bene così!...".

Secondo quanto ricostruito dal Nucleo di polizia economico finanziaria della guardia di finanza di Prato, diretta da Leonardo Bernardi, il Gruppo YL, ma anche la Vignoplast di Vignolini e la Paimax di Cerreto Guidi, amministrata da Gabriele Papini (che si erano associate fra di loro per soddisfare le commesse), avrebbero consegnato ai committenti pubblici il 5 giugno mascherine con un’efficienza filtrante battericida inferiore a quella pattuita contrattualmente. In sostanza, invece di produrre mascherine chirurgiche a tre strati fatte con un tessuto chiamato "sms" che garantisce potere filtrante al 98%, mettevano nello strato centrale un tessuto, chiamato "spamn", molto meno costoso e meno protettivo.

I fratelli Hong commentano subito gli effetti in termini di risparmio che la ’giochessa’ suggerita da Vignolini potrebbe determinare sulla capacità produttiva dell’azienda tanto che Marco Hong, che si occupa del settore della produzione, dice al fratello: "Ale, due sms e uno spanm ... con quello che gli abbiamo dato noi si faceva 800mila contro i 400mila, l’è tutta lì. Cioè se noi si fa due-due sms e uno span... invece di tre milioni ne facciamo sette". Il 30 maggio Vignolini spiega ad Alessandro Hong di aver messo "un velo di spam nel mezzo" tanto che Alessandro lo rassicura: "In questo modo il tessuto ti avanza...". Il gruppo YL – che affidava poi la produzione a 26 aziende satelliti – decide di usare la stessa tecnica e Marco Hong spiega al fratello come ha fatto: "Ho messo quelli bianchi nel mezzo ma io ieri ti ho sparato duecentomila pezzi tutti bianchi e non me ne frega più un c...". E Vignolini replica: "Per arrivare a un milione e cento ho dovuto mettere ventimila anche di bianco perché non ce l’avevano, Marco... Si guadagna il 30%, hai capito? Il materiale ti si allunga". La telefonata risale al primo giugno, giorno di consegna di una partita di mascherine come da contratto. Sono tre, infatti, le consegne effettuate: il 29 maggio, il primo e il 5 giugno. Quella del 12 giugno è stata bloccata dal blitz della Finanza che ha sequestrato e impedito che venissero immesse sul mercato migliaia di mascherine che non avevano potere filtrante adeguato. Il 3 giugno, poi, il gruppo YL è in difficoltà per la nuova consegna di mascherine alla protezione civile nazionale e inserisce nei colli quelle di importazione non realizzate dalla società affidataria della commessa. "Mi tocca prenderle di importazione – dice sempre Alessandro a Vignolini – le butto dentro e vaf...". Le indagini svolte dalla Finanza hanno permesso di accertare che il 5 giugno sono partiti 600 colli di mascherine chirurgiche celesti a una piega e a tre pieghe con destinazione la commissione straordianria della Protezione civile. Il Gruppo YL ha infatti emesso una fattura di 560mila euro verso il commissario straordinario. Soldi che non sono stati pagati e che hanno mandato su tutte le furie Hong. Il problema vero è capire adesso dove sono finite le mascherine truffaldine. Quelle richieste da Estar sono state distrubuite fra i cittadini, altre ai presidi ospedalieri, fra cui quelli di Prato e Pisa. Quelle destinate alla protezione civile nazionale sono state date agli ospedali di mezza Italia. Sono presidi di protezione individuale che non garantiscono il filtraggio al 98 % ma che sono state date in dotazione a medici, infermieri e personale paramedico di ospedali o strutture simili.

Mascherine che ora dovranno essere ritirate dalle strutture di mezza Italia perché non sicure. Secondo quanto emerso dalle indagini, la YL, la Vignoplast e la Paimex collaboravano fra loro scambiandosi pure le mascherine, a seconda delle consegne da fare.