La battaglia della mamma per avere giustizia "Adesso mi aspetto una pena esemplare"

Emma Marazzo ieri era presente in aula. "Quello di mia figlia non è stato un incidente sul lavoro ma una morte annunciata"

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"La cosa più importante è la giustizia, voglio una pena esemplare. Mia figlia non è morta in un incidente sul lavoro. Quella è stata una morte annunciata". Non usa mezzi termine Emma Marrazzo per esprimere quello che prova al termine dell’udienza preliminare durante la quale si è costituita parte civile per la morte della figlia Luana D’Orazio, strappata alla vita e all’amore dei suoi cari ad appena 22 anni. Come sempre, Emma Marrazzo ha voluto essere presente, si è esposta. Lei che in questo anno e mezzo si è fatta paladina della battaglia contro le morti bianche. Anche il padre ha partecipato all’udienza preliminare di ieri ma, una volta rinunciato alla possibilità di essere parte offesa, è andato via prima della conclusione.

"Voglio una pena esemplare non tanto per me o per Luana – ha detto Marrazzo – ma perché sia da monito per tutti quegli imprenditori che lavorano nell’illegalità, trascurando la sicurezza dei propri dipendenti. Questa catena di morti deve finire". Emma Marrazzo è certa che quella di sua figlia sia stata una "morte annunciata". Prima o poi sarebbe avvenuto.

L’orditoio killer era privo del cancello di protezione – previsto in quel tipo di macchinario dalla casa costruttrice – perché qualcuno lo aveva disattivato con un bypass elettrico. Se il cancello fosse stato funzionante, sua figlia non si sarebbe avvicinata così pericolosamente alla macchina, non sarebbe stata agganciata per la maglia e trascinata dentro al macchinario. Sarebbe ancora viva.

"Non si mette una ragazza, che era solo una apprendista, a gestire un mostro del genere – ha aggiunto – Tengo duro, mi vedete sempre presente a me stessa ma dentro ho l’inferno. Mia figlia non c’è più da un anno, quattro mesi e 19 giorni. Conto le ore senza di lei". E poi aggiunge amareggiata. "La morte di mia figlia non è servita di lezione a nessuno", facendo riferimento ai due stagisti morti di recente sul lavoro.

La famiglia ha scelto di mandare avanti la mamma, l’unica che si è costituita parte civile nel processo appena cominciato per la morte della giovane operaia. Il marito, padre della vittima, il fratello, disabile, e il nonno per conto del bambino di Luana (nominato tutore del minore) hanno rinunciato. E’ stata una scelta difensiva. "Ci sono trattative in corso – ha spiegato il legale della famiglia, Daniela Fontaneto – E poi non è la sede penale quella dove parlare di risarcimenti. Ci rivolgeremo alla sede naturale, ossia il giudice civile. Non è necessario esporre il piccolo a un palcoscenico del genere".

Sul fatto che i principali indagati abbiano deciso di patteggiare, la mamma di Luana non ha voluto commentare. "E’ una scelta difensiva che la legge consente, su questo non possiamo opporci o dire nulla", ha concluso l’avvocato Fontaneto.

I genitori di Luana si stanno prendendo cura del bambino della ragazza, che ha sei anni, e sono appena usciti da un altro braccio di ferro con il padre del piccolo, Giuseppe Lerose, che si è fatto avanti durante la prima udienza chiedendo di costituirsi parte civile in nome del piccolo. Nel frattempo il tribunale dei Minori ha tolto la patria potestà all’uomo. "Del bambino non ne voglio parlare – taglia corto Emma Marrazzo –, deve essere tutelato il più possibile. Invece, c’è l’altro mio figlio, il fratello di Luana, che dal giorno dell’incidente mi dice che così non ha più senso vivere. E’ disabile e la sorella per lui rappresentava il futuro".

Laura Natoli