
L'insegnante assolta
Prato, 27 aprile 2019 - «Sono stati cinque anni di purgatorio per me e per la mia famiglia e per le mie figlie. Mi sono dovuta trasferire da Prato in Campania, dove continuo ad insegnare musica alla scuola media. Se ho voglia di tornare a Prato? Certo, è la mia città. E ora posso tornate a testa alta». A parlare è Maria Vittoria De Nuccio, la professoressa di musica che era stata condannata in primo grado dalla Corte dei Conti a restituire gli stipendi e a rifondere il danno d’immagine allo Stato per una cifra consistente pari a 97mila euro. La docente, che è assistita dagli avvocati Ettore Nesi e Francesco Paoletti, ha fatto ricorso alla Corte dei Conti d’Appello. Nei giorni scorsi la sentenza che di fatto riforma quanto pronunciato precedentemente e assolvendo con formula piena la professoressa De Nuccio.
La donna, che insegnava musica alla scuola media Convenevole, era finita in una inchiesta a seguito della denuncia dell’Ufficio scolastico regionale che pretendeva la restituzione degli stipendi erogati nel periodo della malattia che la docente certificava di volta in volta. Le veniva contestato il fatto che pur presentando certificati medici per una grave patologia, risultava che organizzasse concerti in giro per l’Italia a nome di un’associazione musicale di cui era presidente. A luglio 2016 la Corte dei Conti di Firenze le aveva imposto di restituire gli stipendi incassati negli anni di malattia (dal 2009 al 2013).
Adesso la sentenza è stata ribaltata: censura anche per le indagini che non hanno dimostrato la falsità dei certificati medici sulla salute della docente. Inoltre, l’organizzazione di concerti risultava essere fatto su internet (molti di questi eventi non si sono mai svolti, come appurato dalla guardia di finanza), quindi in una situazione e in un ambiente di minore stress rispetto a quello scolastico. Sul versante penale (l’accusa è sempre di truffa aggravata allo Stato) la donna è assistista dall’avvocato Filippo Querci: a breve ci sarà un’udienza di prosecuzione dell’istruttoria.