
di Silvia Bini
La bidella Maria, casacca azzurra e capelli color cenere, ha un gran sorriso stampato sul volto. All’ingresso dell’istituto Marconi ha il compito di far firmare gli studenti che entrano per tracciare gli ingressi della giornata. "Sono bravi, rispettano le regole", dice come farebbe una mamma parlando dei propri figli. La scuola ci prova e tenta un graduale ritorno alla normalità. Da ieri la Toscana ha riportato dietro al banco il 50% degli studenti delle superiori (a Prato si tratta di circa 6000 alunni tornati in classe) con coraggio e con investimenti (quattro milioni di euro per i trasporti e 500.000 euro spesi per dotare di steward le fermare degli autobus) che nel quotidiano talvolta si scontrano con la realtà fatta della banchina di via Dossetti troppo stretta per evitare gli assembramenti e dall’aula di informatica dove si può rispettare il limite imposto di un metro di distanza dalla ‘rima buccale’ solo se ogni alunno resta impietrito al banco.
Ma professori, presidi, studenti e bidelli ce la stanno mettendo tutta per rispettare e fare rispettare le regole così da non perdere questa finestra di normalità conquistata a caro prezzo dopo mesi di didattica a distanza. "E’ stato emozionante rivivere la routine della scuola", confida Luca Calamai studente del Marconi. "Non è facile stare fissi a casa e poi non sempre le connessioni permettono di fare lezione, è bello essere tornati in classe e ovviamente è importante rispettare le regole", lo segue il compagno Filippo Gonfiantini. Due mesi: tanto sono stati lontani da scuola la gran parte degli studenti. Tra turni, quarantene e lo stop imposto dal governo, per molti l’ultimo giorno in presenza è stato alla fine di ottobre. Il ritorno nelle classi ieri mattina è stato salutato dall’assessore regionale all’istruzione Alessandra Nardini che ha visitato Marconi e Cicognini-Rodari: "Non ci siamo mai fermati. Ora andiamo avanti, monitoreremo la situazione con la speranza di tornare presto al 75% di presenze. Se diventeremo zona arancione, valuteremo in base ai dati se continuare o meno a fare lezione a scuola". Ad accompagnare l’assessore, il presidente della Provincia Francesco Puggelli ("Iniziare l’anno con le scuole in presenza è di ottimo auspicio"), il sindaco Matteo Biffoni e il prefetto Adriana Cogode. Seduti al banco con la mascherina tirata su e il sorriso che si intravede ci sono gli studenti della seconda superiore del liceo Rodari. Dietro la cattedra la professoressa Franca Dami. "Sto correggendo le verifiche per chi deve recuperare i debiti". Le verifiche sono quelle dello scorso anno, la didattica a distanza ha sconvolto la routine, come quella di correggere alla lavagna le verifiche. La docente ha scelto di ripartire da lì, dal punto nel quale si erano interrotti. "Purtroppo i ragazzi hanno accumulato tante lacune, soprattutto per gli istituti tecnici la didattica a distanza, nel lungo periodo, diventa un problema perché non si possono effettuare laboratori e perché gli studenti dei professionali non hanno il metodo di studio dei licei", dice Lorenzo Melani, docente di tecnologia meccanica al Marconi. "Siamo ripartiti in presenza e questo è un grande traguardo", aggiunge Giovanni Guidi professore di italiano e storia. "E’ molto faticoso fare lezione da casa per gli studenti e anche per gli insegnanti". E non è facile nemmeno per i ragazzi con disabilità: loro sono sempre potuti andare a scuola, ma fare lezione in una classe svuotata dei compagni non è lo stessa cosa. "La relazione è una parte fondamentale per gli alunni con bisogni speciali e con le scuole chiuse questa è mancata completamente", conferma Leonardo Tagliaferri, docente di sostegno. E questa mattina toccherà ad altri 6.000 studenti delle superiori tornare ad assaporare almeno una parte di normalità.