Il pulpito protetto dalle bombe. L’ostensione straordinara del ’43 e la cintola nel caveau della banca

Le contromisure in tempo di guerra: i pannelli di Donatello smontati e nascosti nella cripta del duomo. Per il cingolo il rifugio in Cassa di risparmio in un baule blindato e chiuso con il sistema delle tre chiavi.

Il pulpito protetto dalle bombe. L’ostensione straordinara del ’43 e la cintola nel caveau della banca

Il pulpito ingabbiato durante la guerra e l’ostensione in piazza con il vescovo Giuseppe Debernardi

Le ultime verifiche sul pulpito di Donatello procedono, dopo il distaccamento di una decorazione della copertura superiore, ma nessun dubbio c’è sull’ostensione del prossimo 8 settembre. E allora, alla vigilia dell’80° anniversario della Liberazione, può essere interessante ricordare quando l’ostensione dal pulpito non fu possibile farla per colpa della guerra. Il pergamo fu inizialmente protetto con una sorta di armatura in legno e con sacchi di sabbia. Nel 1943 con l’inasprirsi dei bombardamenti la Soprintendenza voleva che i pannelli di Donatello fossero messi al riparo alla villa del Barone a Montemurlo.

Ci furono molte resistenze da parte delle autorità civili e religiose, ma il compromesso alle fine fu trovato: i pannelli vennero smontati uno a uno e sistemati all’interno del deposito della cripta della Cattedrale, dove era stata nel frattempo messa al sicuro anche la Madonna col bambino di Giovanni Pisano. Era naturalmente necessario proteggere la sacra cintola. La soluzione fu trovata il 19 luglio 1943: lo testimonia un documento riportato alla luce quest’anno, per la bella mostra Arte ferita, Arte salvata ideata dal Museo dell’Opera del Duomo e dal Cdse, con la curatela di Alessia Cecconi e Veronica Bartoletti. Si tratta dell’atto notarile firmato dal podestà Paolo Zipoli e dal vescovo Giuseppe Debernardi, in cui Comune e Diocesi (allora di Pistoia) convengono di nascondere la sacra cintola nel caveau della Cassa di risparmio di Prato, dopo averla sistemata in una cassa di metallo rivestita di legno e protetta con il sistema di apertura delle tre chiavi, le due del Comune e quella della Diocesi. Il documento è stato ritrovato in mezzo alle migliaia e migliaia di carte custodite nell’archivio generale del Comune alla Cartaia, fortunatamente risparmiato dalla tragica alluvione del novembre scorso ed è stato esposto in mostra. Accanto a quell’atto, anche la cassa blindata usata durante la guerra e un avviso sacro per il triduo di preghiere alla Madonna in occasione di un’ostensione straordinaria che avvenne nel novembre 1943 (fu l’ultima in ordine di tempo prima di quella del 19 marzo 2020, davanti alla piazza vuota, nelle prime terribili settimane del covid).

Nell’estate del 1943, d’intesa con la Soprintendenza, le opere d’arte più importanti della città avevano trovato rifugio alla Villa Medicea di Poggio a Caiano, fra queste la Natività e la Pala del Ceppo di Filippo Lippi, la statuetta del Bacchino di Ferdinando Tacca, la Morte di san Girolamo di Filippo Lippi che era conservata nella Cattedrale, e la Circoncisione, proveniente dalla chiesa di Santo Spirito. Anche altre opere del Museo civico, della Cattedrale e del Palazzo Vescovile furono messe in sicurezza in un’aula del convento di San Francesco, che era stata munita di difese antiaeree e di un sistema di allarme.

an.be.