Il patrimonio del Monteferrato Rifugio nel verde da riscoprire

Grande varietà ambientale, dai minerali ai licheni. Ma adesso c’è bisogno di più organizzazione

Il patrimonio del Monteferrato  Rifugio nel verde da riscoprire

Il patrimonio del Monteferrato Rifugio nel verde da riscoprire

di Roberto Baldi

Monteferrato, area protetta, sta diventando area dimenticata. Non c’è un centro visite, non ci sono cartelli, tutto è lasciato ai singoli visitatori. Fin dai tempi antichi, narrano le storie, fu interessata da insediamenti umani e attività produttive. A Galceti sono stati rinvenuti addirittura reperti preistorici che testimoniano la presenza stabile dell’uomo già 30-40 mila anni fa. Certa anche la presenza del popolo etrusco, confermata dall’importante ritrovamento di un cippo funerario di tipo fiesolano nell’area del Monteferrato.

Difficoltà media, sentiero tutto in salita dicevano le mappe turistiche, ma anche grande varietà di ambienti e di paesaggi, foreste, aree agricole collinari, e particolarissime formazioni geologiche e di vegetazione per le quali è riconosciuta anche come sito di interesse conservazionistico, da cui si ricavava il pregiato marmo verde di Prato.

A nord del Monteferrato, al poggio Prato Tondo, l’area offriva un altro elemento di grande interesse naturalistico per la presenza di un’estesa formazione arbustiva a dominanza di ginestrone, mentre più oltre, verso il confine con la vicina riserva di Acquerino-Cantagallo, il paesaggio diventava tipicamente forestale e appenninico, con boschi di latifoglie e splendide faggete, che scendevano anche sino a quote insolite, in formazioni cosiddette "abissali".

A strapiombo sulla Val Bisenzio, il confine orientale dell’area è segnato dal profilo aguzzo del Monte Le Coste, detto "Spazzavento", la cui vetta è un punto panoramico di grande impatto visivo, che si arricchisce per la presenza del mausoleo di Malaparte, quello dove Curzio volle riposare "per sollevare il capo e sputare ogni tanto nella fredda gora del tramontano".

Un ambiente unico il Monteferrato anche dal punto di vista geomineralogico, come testimonia il ritrovo di minerali rarissimi che nella zona di Figline diedero origine a coltivazioni e a lavorazioni preindustriali e che durante il periodo dell’autarchia del Novecento portarono perfino a ricerche geominerarie nell’area del monte Piccioli. Per alcuni il simbolo del Monteferrato era una gemma: verde come il "marmo verde di Prato", ricco di calcio e di ferro, di un colore che va dal verde giallo chiaro al verde erba intenso. Profumi, rumori e colori del Monteferrato erano un balsamo di chi cercava rifugio e un po’ di serenità, lontano dalla routine quotidiana. Sedersi all’ombra, in una bella giornata, e guardare la verde collina lussureggiante, era respirare la vita. C’era anche l’occasione di un picnic con tutta la famiglia in un ambiente paradisiaco. Un’abitudine ancora valida ma che necessiterebbe di maggiore organizzazione a livello di gestione, visto che i visitatori devono fare tutto da soli.

L’area senza centro visite è più sola, spoglia in un ambiente in cui ci si immergeva per rimettersi in contatto con se stessi. Tutt’intorno scheletri di alberi assetati in un habitat più aspro, tanto che la ex presidente del Centro scienze naturali di Galceti, Pamela Bicchi, sovrintendente all’area, commissionò uno studio di fattibilità affidato a Federico G. Maetzke, laurea in scienze forestali, che illustrò così il male segreto del Monteferrato.

"La natura problematica dei suoli derivati da serpentini – scrisse – limita l’espansione della naturale copertura forestale, il che ha imposto il recupero delle pendici con i rimboschimenti di pinastro (pino marittimo)".

Si suggerirono opere forestali e accessorie, rivolte particolarmente a riqualificare sia il tessuto ambientale sia i caratteri di fruibilità del parco e dei relativi annessi utili per la funzione didattico-ricreativa.

Resta la necessità di valorizzare l’ambiente e il monte, la sua potenzialità turistica, le unicità naturali (licheni e orchidee), il fiato necessario della collina che entra nell’anima delle foglie e mette la sua linfa in ogni filo d’erba. Adesso l’obiettivo deve essere quello di dare nuovo lustro a questo grande sito, ridare forza al verde che ogni giorno recita il mantra della vita e dice bosco e prato e foglia e altre parole che vogliamo risentire. E’ quanto necessario a una città troppo votata al lavoro per accorgersi che una sua parte, un tempo florida, sta chiedendo nel silenzio dell’abbandono il profumo di vivere.