
"Mi hanno usato e poi quando non servivo più mi hanno scaricato, facendomi dormire per due anni in uno sgabuzzino sotto la tribuna dello stadio. Avevano organizzato già tutto, mi hanno messo nel mezzo". Rinnova le accuse Gbane El Hadj Seydou, l’allenatore ivoriano che ha messo in moto, nel 2018, l’inchiesta della procura di Prato sulla presunta tratta di baby calciatori dall’Africa. Lo fa nella trasmissione di RaiTre "Il fattore umano" per raccontare il fenomeno della "tratta" dei giovani talenti portati in Italia con il sogno di un futuro nel calcio. Gabne è il più grande accusatore dell’ex presidente del Prato, Paolo Toccafondi, dell’ex presidente della Sestese Filippo Giusti, e del procuratore sportivo Filippo Pacini, che, a suo dire, lo avrebbero "messo nel mezzo" per portare illegalmente i ragazzi in Italia, aggirando le norme Fifa, con la speranza di tesserarli in grandi squadre in cambio di guadagni milionari. L’inchiesta della Procura ha scoperchiato un vaso di Pandora e, durante le indagini della squadra mobile non ha risparmiato colpi di scena. L’inchiesta si è man mano allargata portando alla luce le presunte combine nel calcio dilettanti e perfino le irregolarità nei lavori allo stadio Lungobisenzio per i quali l’ex dirigente del Comune Luca Piantini, Sandro Grassi e Giuseppe Mazzeo della Castelnuovo Lavori sono stati rinviati a giudizio. La realtà processuale è stata complessa. Toccafondi e tutti gli indagati per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina minorile e per le frodi sportive sono stati assolti all’udienza preliminare. Sentenza cancellata nell’aprile scorso dalla Corte d’Appello a cui la procura aveva fatto ricorso. L’Appello ha fissato il nuovo processo che comincerà il 24 novembre. Giusti e Pacini hanno invece patteggiato. "In Costa d’Avorio avevo una scuola calcio e organizzai un torneo fra i ragazzi perché c’erano queste persone dall’Italia – racconta Gbane – Ne scelsero quattro e mi dissero di andare con loro perché mi avrebbero fatto un contratto da allenatore per tre anni. Andammo in tribunale là dove mi affidarono due ragazzi di 13 e 14 anni, gli altri due (fra cui c’era il giocatore della Fiorentina Kouamè) vennero affidati a Pacini e Giusti. In realtà, mi fecero firmare un foglio scritto in italiano per rinunciare alla potestà sui ragazzi. Non capivo che cosa c’era scritto e non volevo firmare, ma mi dissero che mi dovevo fidare. Era tutto organizzato perché sapevano che una volta in Italia avrebbero provato a tesserarli. le famiglie dei ragazzi non conoscevano neppure il loro nome". "A Gbane non venne mai fatto il contratto e si ritrovò senza documenti e senza un tetto", spiega l’ ispettori di polizia Marco Nencioni.
"Se l’affare andava in porto tutti ci guadagnavano – prosegue l’ispettore – come accaduto con Kouamè venduto al Cittadella per 5-6 milioni di cui uno è poi andato a Giusti e Toccafondi, altrimenti i ragazzi venivano abbandonati con il loro sogno infranto". Come accaduto all’ivoriano N’Dri che si infortunò durante un provino. "Mi facevano pressioni per andare via – racconta il giovane al telefono – Ero una perdita di soldi. Se non fosse stato per alcuni connazionali non so dove sarei adesso". Si attende la verità processuale.
Laura Natoli