
Il business toscano affonda a Suez: "Impercorribili i tragitti alternativi"
L’economia toscana e quella del distretto tessile pratese rischiano di pagare un dazio pesante a Suez, se la crisi del Medioriente non trova al più presto una soluzione di pace. Una penalizzazione che va a toccare il core business pratese, qual è l’export e la necessità di rifornimento di materie prime, alcune delle quali provenienti dal Far East. La crisi in corso minaccia i traffici internazionali costringendo le navi mercantili a viaggi più lunghi: circumnavigare l’Africa per evitare il mar Rosso e gli attacchi Houthi, che mettono a rischio il normale passaggio delle merci. Il tragitto alternativo fa allungare di parecchio i tempi di percorrenza delle imbarcazioni mercantili fino a 6mila chilometri: più tempo in mare, più spese per i trasporti che già in poco tempo si sono moltiplicate. A dare l’allarme è Federico Albini, presidente sezione trasporti di Confindustria Toscana Nord, e managing partner dell’Albini & Pitigliani spa. "La crisi israelo-palestinese rischia di diventare molto più vicina a noi – afferma – Da operatore del settore della logistica e trasporti, sono preoccupato per le conseguenze che, in un tempo non preventivabile ma che potrebbe essere anche breve, essa sarebbe capace di generare sui traffici marittimi, limitati, inibiti e resi più pericolosi nel canale di Suez". Albini ricorda che Suez "rappresenta la via di transito del 12% del commercio internazionale, il 10% del petrolio, l’8% di gas naturale (fonte Fedespedi, ndr) ed il 40% dell’import export italiano navale viaggia sulle navi portacontainer che l’attraversano". Una porta fondamentale da tutelare perché i prezzi dei noleggi marittimi non vadano a sommarsi alle criticità conclamate: prima dovute al covid, poi alle impennate dei costi energetici, alla guerra in Ucraina e all’inflazione. Insomma una situazione in evoluzione da tenere sotto osservazione, perché le ricadute sul distretto potrebbero iniziare a farsi sentire con viaggi in mare più lunghi e costi maggiorati a carico delle aziende. "Gli attacchi alle navi mercantili hanno già spinto alcune compagnie a spostare le rotte verso il Capo di Buona Speranza, con costi e disagi per tutti i fruitori del servizio – prosegue – . Fedespedi valuta che per il solo costo del carburante, il passaggio per il Capo di Buona Speranza in alternativa a Suez abbia un costo fra i 650.000 e un milione di dollari. Temiamo che se la situazione si protrarrà, altri grandi operatori mondiali faranno la medesima scelta (obbligata), per evitare costi e rischi destinati a lievitare". Da considerare che, comunque, il passaggio dal Capo di Buona Speranza taglia fuori il bacino del Mediterraneo.
Albini va dritto al punto: "Ora si può arrivare a pagare per i noli 4-5 volte in più rispetto al prezzo di un paio di mesi fa. Un aumento che ancora non raggiunge quello del periodo pandemico che ha visto lievitare i noli, maggiorati fino a 10-12 volte in più". Il distretto pratese viene catapultato nella scacchiere internazionale, anche se Albini rassicura. "Non vogliamo ingenerare più timore del necessario e cercheremo di organizzare al meglio la catena logistica, puntando su vie di approvvigionamento alternative e sull’ampliamento delle riserve a magazzino – conclude – . Come imprese di trasporto e di spedizione saremo partner del nostro sistema produttivo: faremo da interlocutori con le compagnie marittime, in attesa che le tensioni in medioriente siano superate dai Governi del mondo".
Sara Bessi