"È una tragedia senza fine. Uno stillicidio che pare nessuno voglia davvero arrestare perché non porta consenso". Netto il j’accuse del garante dei detenuti della Toscana Giuseppe Fanfani. D’altra parte il bandolo dei suicidi nelle carceri continua ad avere una matassa apparentemente inestricabile: "C’è il rischio di assuefarsi - dice Fanfani - , di considerare queste morti solo numeri da usare come statistiche. Nelle carceri italiane l’exitus di vite inutili è diventato normale. La responsabilità è di chi ha tralasciato per decenni di affrontare il problema sul presupposto che non produca consenso. di chi oggi si rifiuta di cogliere la gravità del momento, poiché prima o poi le situazioni estreme esplodono". E la responsabilità, a detta del garante, "è anche di un governo che, trovandosi oggi a gestire una evidente emergenza, non ha la volontà politica, la determinazione o il fondamento culturale per affrontare la gravità del problema". Secondo Fanfani "in carcere si muore perché manca tutto: caldo estremo, sovraffollamento, cimici, blatte, violenza, solitudine. Manca la cultura della speranza, perché i detenuti possano pensare di rifarsi una vita. Mancano laboratori, fabbriche interne, collegamenti col mondo esterno, l’umanità della detenzione e quella continuità affettica consolidata, invece, in moltissimi altri paesi".
Ma la mancanza più grave per Fanfani è quella della "volontà di risolvere il problema" alla radice: "Il decreto carceri - conclude - non affronta il problema nei suoi aspetti essenziali. Mercoledì una delegazione dei garanti territoriali ha incontrato il ministro Nordio. Ciononostante, un qualsiasi provvediento immediato per ridare speranza nell’affrontare una situazione incandescente, quale un mini indulto o simili, non c’è stato. Non posso che augurare alla politica buone vacanze, perché per fare buone vacanze bisogna avere la coscienza a posto".