Alle soglie del 2000 chiudeva Misoduli, il circolo della borghesia pratese per lasciare il posto a punti nuovi di aggregazione. Con le foto
di Ranfagni oggi una nuova tappa del "come eravamo"
in cui si dono avvicendati: Edoardo Nesi,
il Lungobisenzio, Filettole,
la goliardia, le botteghe
del centro, il ristorante Baghino, Silvio Pugi, Roberto Giovannini, la redazione pratese de La Nazione, Pietro Fiordelli, il tessile, Giorgio Vestri, il teatro Metastasio, Lohengrin Landini,
il Politeamae, la scorsa settimana, il campanilismo
fra Prato, Firenze e Pistoia.
di Roberto Baldi
Lunedì 8 giugno 1998 Misoduli, il circolo più illustre di Prato, nato nel 1712 con il nome di Accademia degli infecondi, chiudeva definitivamente i battenti.
"I soci chiamati a decidere la fine della gloriosa accademia " titolava il nostro giornale. Da salotto buono della città era diventato salotto vuoto, con un numero di soci troppo esiguo per sostenere un programma all’altezza del blasone e della bellissima sede. Con Misoduli se ne andava un pezzo della storia di Prato, quella di una borghesia pacata, che nasceva dall’esigenza di sublimare il telaio e non già dall’impettitura della presunzione, vogliosa di cercare alla sera o nei giorni di festività un riparo rasserenante ai ritmi del lavoro e punto di arrivo dei giovani per costruire la fiaba del domani.
E poiché la vita imita l’arte molto di più di quanto l’arte non imiti la vita, questo ritrovarsi in ambiente armonioso, elegante, con arredi di raro pregio, acquistava un significato di bagno salutare nel bello, anche se veniva digerito di malavoglia da una sinistra allora un po’ trinaciutra, che demoliva l’ippodromo, Bacchino ed esponeva cartelli di protesta, come quello qui riprodotto di foto Ranfagni, contro il cosiddetto tempio della borghesia. Se ne andava l’edificio con ampie scalinate di Palazzo Vai, alte volte, arazzi e quadri di pregio; se ne andavano il vestito cucito con cura e la festa sontuosa, il sorridente ritrovarsi fra amici, la partita a carte, per ripercorrere il cammino della giornata, per sentirsi gli uni agli altri più vicini in una Prato dove la compagnia più gradevole era talvolta quella che ci facevamo da soli in una città così impegnata a produrre fino al punto di dimenticarsi il dovere del riposo e di valorizzare i suoi angoli di serenità. Vi si avvicendavano festa degli auguri nel salone centrale con un albero di Natale gigantesco che arrivava al soffitto, addobbato a rotazione dalle signore che gareggiavano per le parate; la festa della Befana con cena sociale; la tombola e la Pentolaccia, serata di gala e di gara per il vestito migliore. Era anche occasione di incontri con personaggi del tempo: il principe Amedeo di Savoia, Marcella Bella, Isabella Biagini, Fred Bongusto, sfilate di moda, divertissement, il debutto della diciottenne che era un po’ il ballo dell’ambasciata di noi pratesi sotto l’aria benedicente dei genitori verso lo sbocciare di possibili idilli. Le tradizioni tramandateci da Misoduli restano una nostra fortezza con il substrato di pratesità , di identità non infranta in una città dove talvolta immigrati ci sentiamo noi in quella che è diventata la metropoli delle razze. Palazzo Vai, uno degli edifici più prestigiosi di Prato la cui storia si fonda con quella delle origini della città, è lì a ricordarci che il passato è una lampada accesa all’ingresso del futuro, che ha caratteristiche nuove ma pur sempre collegabili a quell’esperienza. Ne parli con Piero Zucchi, imprenditore del tessile, per sei anni il più giovane presidente di Misoduli, colloquiale e informale come sempre, (il gilè di Missoni te lo colloca subito fra gli intenditori anche di moda) e respiri ancor oggi il profumo della Prato da bere. Ne parli con Antonella Sanesi, un germoglio dell’imprenditoria locale, figlia di Bruno Sanesi che, oltre ad aver dato vita alla nota pellicceria, era l’anima e il supporto della gloriosa accademia, e registri uno stile di vita riprodotto oggi nello splendido ristorante-ritrovo Mag 56 dove la lezione di Misoduli si riverbera nell’architettura d’insieme, nell’originalità della cucina, nella cura della location, nel gusto riscoperto della forma, nel privilegio dell’eccellenza. E proprio in via Pugliesi, di fronte all’ex Misoduli oggi convertitosi in Monash University, la vita della città si rianima di un tessuto nuovo prevalentemente giovanile, che ricerca oggi più di allora l’incontro informale, consentendo un angolo di vivibilità fra amici a fine giornata, con la movida che ha conquistato un suo spazio come punto di aggregazione, richiamando i temi della relazionalità, della qualità della vita, della fruizione dei centri storici, della forza creativa dello spazio urbano.