
Un imprenditore in carcere, altri tre interdetti, quattro aziende sottoposte a sequestro preventivo. E il sistea delle ditte apri e chiudi che torna a far parlare di sé. Così un’operazione della guardia di finanza di Prato ha smantellato nel pronto moda un sistema di aziende "apri e chiudi", studiata ad arte per favorire l’evasione fiscale nel distretto tessile, nel settore abbigliamento, al Macrolotto di Prato. In tutto sono 13 gli indagati (12 cinesi, un italiano) nell’inchiesta fra cui imprenditori e prestanome.
L’ordinanza è stata emessa dal gip di Prato su richiesta della procura di Prato (i fascicolo è affidato al pm Maltomini). Sono stati inoltre sequestrati un capannone e oltre 2,2 milioni di euro fra valori nei conti correnti, merce in magazzino, autovetture.
I finanzieri, coordinati dalla procura di Prato, ipotizzano in capo ai 13 indagati, a vario titolo, i reati di dichiarazione fraudolenta con uso di fatture per operazioni inesistenti, omessa dichiarazione, emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte.
Con il fenomeno delle ditte "apri e chiudi", imprenditori "di fatto" esercitano attività d’impresa in costante evasione d’imposta, attuando un notevole ricambio di prestanome. Un modo per sparire agliocchi del fisco prima ancora che partano i controlli fiscali. Una volta che si arriva a cercare la ditta che presenta l’evasione, questa è già chiusa. Impossibile risalire al titolare di fatto a causa della fitta rete di prestanome che viene messa in piedi, alcuni irrintracciabili perché, magari, in vivono nemmeno più in Italia.
In carcere è finito un imprenditore cinese, titolare di aziende al Macrolotto, che negli anni avrebbe attribuito fittiziamente ai prestanome sette ditte individuali diverse, imprese dalla vita aziendale appositamente breve per eludere i controlli fiscali.
Ognuna delle imprese, trascorsi appena due-tre anni, cessava sistematicamente la propria attività a fronte dei primi debiti con l’Erario, spesso si trattava di un importo rilevante. Chiudendole via via, l’imprenditore cinese si sarebbe fraudolentemente sottratto al pagamento delle imposte, il cui ammontare complessivo, comprese sanzioni ed interessi, corrisponde a oltre 3.000.000 euro.
Inoltre, anziché trasferire i soldi in Cina come di solito avviene, stavolta avrebbe reinvestito i profitti illeciti nel tessuto economico pratese acquistando , tra l’altro, un magazzino del valore di oltre 1 milione di euro. Le indagini hanno scoperto anche un articolato sistema di emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti con cinque imprese coinvolte nel distretto industriale pratese. Tra gli indagati di questa parte dell’indagine c’è anche un italiano, fra i tre colpiti da misura cautelare interdittiva all’esercizio di ruoli di gestione di impresa.