Cechov al Politeama con Zio Vanja "La cultura un antidoto alla guerra"

Sabato e domenica il capolavoro dello scrittiore russo con Giuseppe Cederna e Vanessa Gravina. Il regista: "Il teatro sviluppa il senso critico la cui mancanza dilaga, rendendo più bui questi tempi così duri"

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Una delle pietre miliari della letteratura russa messa in scena in un momento storico cruciale, riattualizzando con coraggio e responsabilità un classico di Anthon Čechov come Zio Vanja. Perché, afferma il regista Roberto Valerio, "la cultura è fra i pochi antidoti alla guerra". Si apre su una nuovissima produzione dell’Associazione teatrale pistoiese, in tournée fino al 24 aprile, il sipario della grande prosa di aprile al Politeama. A tre anni dal fortunato debutto di Tartufo, il regista Roberto Valerio firma Zio Vanja di Anton Čechov che andrà in scena sabato (alle 21) con replica domenica (alle 16). Giuseppe Cederna e Vanessa Gravina avranno rispettivamente il ruolo di Zio Vanja ed Elena: con loro Alberto Mancioppi (il professor Serebrjakov), Mimosa Campironi (Sonja), Elisabetta Piccolomini (Marjia), Pietro Bontempo (Astrov) e Massimo Grigò (Telegin). Una commedia tragica ricca di rimandi all’attualità, come sottolinea il regista: "Sono felice che il debutto di questa messa in scena, di uno dei testi più rappresentativi del teatro russo, avvenga proprio in questo momento: la cultura è fra i pochi antidoti alla guerra perché consente cambi di prospettiva, appiana le differenze, è inclusiva, sviluppa il senso critico, la cui dilagante mancanza è fra le principali aggravanti di tempi già durissimi".

Dramma russo che Čechov considerava una commedia, quasi un vaudeville, che vide il debutto ufficiale il 26 ottobre 1899 al Teatro d’arte di Mosca, Zio Vanja è un affresco delle grandi illusioni, di percorsi che iniziano per poi ritornare al punto di partenza, all’interno di una messinscena energica e movimentata. L’ambientazione rurale della pièce viene calata in una scena spoglia, che ruota intorno a una poltrona, una credenza, una tavola apparecchiata mentre sullo sfondo appaiono e scompaiono elementi onirici o iperrealistici: un’altalena che scende dal cielo, una botte di vino gigante per l’ubriacatura notturna, un pianoforte che ricorda l’infanzia, un albero di beckettiana memoria. È la scena scelta da Valerio per raccontare la vita che Vanja, sua nipote Sonja, l’anziana maman Marija, Telegin e il dottor Astrov, conducono in una casa rurale all’arrivo del proprietario, l’illustre professor Serebrjakov e della sua bellissima seconda moglie Elena. I personaggi che si muovono davanti al pubblico non sono eroi e eroine, sono persone comuni, immerse nel flusso della vita con cui è facile immedesimarsi. Nella commedia si bevono molta vodka e molto vino: per 17 volte Čechov invita a bere i personaggi per evadere la realtà, alla ricerca dell’illusione. "Quando non c’è vita vera, si vive di miraggi", dice a un certo punto zio Vanja. Un’opera delle occasioni mancate, della rinuncia, condita con una bella dose di ironia che pervade tutto il testo. Anzi, tutta l’opera presenta continui spunti burleschi e tragicomici. "Tu sei il re dei buffoni", dice il dottor Astrov a Vanja.